In vista della sfida di domenica pomeriggio tra Torino e Roma, di scena allo stadio Olimpico del capoluogo piemontese alle ore 15, la redazione di Gazzettagiallorossa.it ha contattato una grande firma del giornalismo italiano, nonché grande tifoso granata, Gianni Minà. Ecco di seguito riportate le sue dichiarazioni:
Un Torino-Roma del passato che ricorda con particolare affetto?
“Forse la vittoria in finale di Coppa Italia della stagione 92’-93’ con un bel 3-0 all’andata e il brivido del 5-2 al ritorno allo stadio Olimpico. Era tanto che non si vinceva qualcosa da queste parti e conquistare la coppa nazionale per la quinta volta fu una bella emozione”.
Venendo al presente, con 36 punti il Toro può dirsi ormai salvo?
“Penso di si. Manca ancora qualcosina per essere certi al 100% ma credo che il più sia ormai fatto, vedendo anche la situazione delle altre”.
Ventura a suo avviso sta facendo un grande lavoro?
“Sta facendo bene indubbiamente visto il materiale che ha a disposizione, ma anche lui come molti altri tecnici è fissato con i teoremi e spesso l’attaccamento a determinati schemi compromette il rendimento di alcuni giocatori come in questo caso Bianchi. Penso che il nostro capitano sia uno dei 5 migliori attaccanti italiani e non è possibile lasciarlo in panchina anche solo un paio di volte, ricordando al mister che negli ultimi 5 anni questa squadra si è retta grazie ai gol di Rolando sia in serie B che in serie A e quindi meriterebbe il ruolo di titolare inamovibile”.
Si è parlato anche di problemi contrattuali per lui visto che guadagna troppo per gli standard granata. Allargando il discorso lei come giudica l’operato di Cairo?
“Non tanto positivo. Io penso che chi è a capo del Torino deve avere ambizione perché si trova in una piazza importante, ricca di storia e passione. Urbano Cairo ha avuto più di quello che ha dato, in termini di visibilità del nome e grande pubblicità grazie al ritorno mediatico che il calcio genera. Non è possibile che una società come il Chievo ad esempio, faccia 10 stagioni consecutive in Serie A e una squadra come la nostra sia costretta ad alti e bassi continui tra la serie cadetta e la massima divisione. Il Toro dovrebbe avere una ruolo stabile a ridosso delle grandi, tipo l’Udinese. Qui in città si sente parlare spesso di cavolate come la fusione con la Juventus; non vorrei che la crescita granata non sia vista di buon occhio da qualcuno di influente dell’altra sponda e quindi la possibilità di avere investitori seri venga allontanata con tutte le forze”.
A livello societario anche a Roma si vive un momento particolare, lei come giudica l’operato degli americani?
“La Roma è un tentativo. Doveva crescere in maniera esponenziale ed invece sono già due anni che si combina poco e i tempi si stanno allungando. A parziale scusante si può dire che i nuovi investitori si confrontano per la prima volta con una nuova realtà come quella italiana e con un nuovo sport visto che avevano provenienze lontane dal “soccer”. Nella capitale vale a maggior ragione il discorso fatto per il Torino, c’è bisogno di gente ambiziosa per piazze del genere e questa nuova proprietà per ora non dà garanzie di grandezza. Ricordo sempre però che chi entra nel calcio lo fa per interesse proprio e non per altro, come viene sbandierato ai quattro venti”.
La partita di domenica sera come pensa possa andare?
“Mi accontenterei anche di un buon pareggio, sarebbe un altro piccolo passo verso la salvezza. Non è una grande aspettativa ma è figlia dei tempi che stiamo vivendo”.
A cura di Angelo Papi