(E. Menghi) – Basta pagine nere. Andreazzoli vuole scrivere la sua storia giallorossa, senza pensare né alla fine né alla finale di Coppa Italia, due cose inevitabilmente legate tra loro, anche se la dirigenza vorrebbe annunciare il futuro allenatore della Roma prima di quell’inedito derby, che si tratti di un nuovo inizio o di una conferma. «Non c’è mai stato bisogno di parlare di questo con i dirigenti: abbiamo sempre avuto le idee chiare sul mio ruolo, che è, da qui a fine campionato, teso a ricavare il massimo, sia nella valorizzazione dei calciatori, sia nel raggiungimento degli obiettivi di classifica. Mi aspetto di essere apprezzato per il lavoro che ho fatto. E questo non significa che sia o no una riconferma».
In 9 partite Andreazzoli ha messo da parte 17 punti e, con una vittoria sul Pescara, potrebbe fare cifra tonda: «Vogliamo incrementare questa media. Se saremo bravi e fortunati, e ci sarà qualcuno che ci aspetta, ben venga. La matematica dice che la Champions è ancora possibile». La matematica dice anche che la formazione di Bucchi non è ancora condannata, ma la realtà parla di una salvezza lontana 9 punti, con due squadre di mezzo. Il vero ostacolo della Roma è la Roma stessa: «Temo moltissimo il Pescara – spiega Andreazzoli – perché magari l’attenzione va a rivolgersi verso altri momenti. Chiariamo un aspetto: siamo felicissimi di aver raggiunto la finale di Coppa Italia, ma non risponderò a domande su questo. Abbiamo l’obbligo di ragionare gara per gara. Contro la prima o contro l’ultima, se non hai un atteggiamento mentale importante, paghi con certezza. La storia della Roma degli ultimi anni ha un elenco lunghissimo di queste situazioni, ma anche la nostra storia recente, come nel caso di Palermo, unica pagina nera di questo periodo».
La parola «derby» diventa tabù e, oltre ad invitare i giornalisti presenti a non porre domande sull’argomento «per non essere costretto a dire di no», Andreazzoli la cancella dal suo vocabolario. Come quando torna a parlare del ruolo di De Rossi, che proprio nella gara di ritorno con la Lazio si è infortunato, interrompendo la striscia di presenze (ha saltato, oltre a Torino, solo Atalanta-Roma dall’esonero di Zeman): «Ha dimostrato di poter giocare con un compagno vicino ma anche da solo, come in Nazionale, o da interno. Dipende dalla sua condizione fisica: ha avuto un inconveniente nell’ultima gara in casa che ne ha condizionato il recupero, ma a Milano ha fatto bene».
L’ultima partita in casa, ovvero il derby. L’argomento alla fine lo sfiora, per dire la sua sull’orario tanto discusso: «Preferirei giocare di sera, ma ci atterremo alla decisione delle autorità competenti». Lui penserà a sciogliere il rebus tattico, che l’ha portato ad abbandonare il 4-3-3 zemaniano a favore di una difesa a tre, per poi tornare all’origine, ma sempre prendendo le distanze dal boemo: «La scelta di un sistema non deve essere una crociata dell’allenatore. Sto riproponendo questo modulo perché penso sia idoneo». Ma nella filosofia di Andreazzoli sono i giocatori a far funzionare il sistema e non viceversa.