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ORA D’ARIA “Riflessioni Sparse” Paolo Marcacci

Ora d’aria di Paolo Marcacci

“I soliti accordi”, Enzo Jannacci. Avete presente la canzone? Come che c’entra? C’entra, c’entra… Le dichiarazioni di Zeman, solitamente meno loquace e solo apparentemente meno ironico di Jannacci, non sono state un fulmine a ciel sereno, quale che sia il giudizio sul tecnico boemo. Sono invece state un bilancio, con tanto di ratifica, su quella che è stata fino ad ora la seconda stagione giallorossa della cosiddetta nuova era. L’allenatore ha semplicemente passato in rassegna tutte quelle che sono state le incongruenze tra la scelta del suo nome e una serie di criteri organizzativi e comportamentali che non potevano, questo era chiaro sin dall’inizio, essere compatibili con la sua cultura del gruppo e del lavoro.  Tralasciando sui passaggi dell’intervista in cui il tecnico si sofferma a parlare di casi singoli, sui quali ognuno ha le sue convinzioni e in merito ai quali le prestazioni parlano da sole, quello che colpisce e che forse non è stato approfondito come merita è la sottolineatura della divergenza, naturale, tra tutto ciò che Zeman incarna per i tifosi giallorossi (anche per quelli non innamorati del suo progetto tattico) e la “filosofia” della dirigenza romanista, le sue vedute, le concezioni circa la politica calcistica e quant’altro. Abbiamo spesso sottolineato in questa rubrica come alla base del fallimento (ma è stato un fallimento suo?) della seconda era Zeman ci sia stato il peccato che proprio il boemo ha commesso per troppo amore, un amore peraltro rivendicato all’inizio dell’intervista, nei confronti della Roma: aver accettato “a scatola chiusa”, se così si può dire. Due passaggi, nel prosieguo dell’intervista, appaiono poi significativi per comprendere quanto una certa cultura della quotidianità calcistica avesse bisogno di un supporto societario che evidentemente, secondo quanto lascia intendere Zeman, non ha avuto: quello su Totti e quello su Conte e la Juventus. Del capitano giallorosso dice una cosa che è sotto gli occhi di tutti: si è allenato con criterio, ha seguito meticolosamente i ritmi e i tempi della preparazione, evidentemente non antiquata. Mai stato così brillante e resistente, nonostante i trentasei anni. Del resto, lo stesso Totti più volte nel corso della stagione aveva sottolineato come per fare bene con Zeman bisognasse seguirlo alla lettera e lui era il più titolato per parlare così, vista la conoscenza antica e i benefici ricevuti in carriera. Per quanto riguarda il passaggio su Conte, non è tanto importante che Zeman lo definisca il miglior tecnico in Italia, quanto che indichi la via attraverso la quale è giunto a questo tipo di giudizio: la constatazione dell’unità di intenti tra tecnico, squadra, dirigenza.

Concetti che non hanno neppure bisogno di essere commentati, a ben vedere. Non si può che essere d’accordo, vista l’evidenza dei fatti.
Ora probabilmente tutto finirà con una probabile multa e forse senza una riflessione seria su quanto Zeman ha esternato ma quelli sono, come direbbe Jannacci, i soliti accordi.
Paolo Marcacci
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