(Corriere Della Sera) – Il calcio, ormai, è più business che sport. È una legge in vigore da molti anni e che spiega benissimo il braccio di ferro tra la Lega Calcio e le istituzioni cittadine sul giorno e soprattutto l’ora in cui disputareil derby di Coppa Italia. Il calendario internazionale lascia poche alternative a domenica 26 maggio: sabato 25 è in programma la finale di Champions League, a Londra, e la Uefa non permette gare in contemporanea con quella che è la sfida più attesa e affascinante di tutta la stagione europea.
Non si può nemmeno «scavallare» a mercoledì 29 maggio, perché si cadrebbe in una data Fifa riservata alle amichevoli e ai raduni delle nazionali— come Italia e Brasile— che saranno impegnate a giugno nella Confederation Cup, la prova generale del Mondiale di calcio che si giocherà in Brasile nel 2014. Il contratto stipulato dalla Lega Calcio con la Rai, che ha i diritti della manifestazione, parla chiaro: la finale deve essere disputata in notturna per avere la migliore audience possibile. In caso contrario è prevista una penale quantificabile in 500mila euro di mancato guadagnato per ciascun club.
Ma non basta. C’è anche il problema della vendita dei biglietti e delle aree «cuscinetto» da lasciare sugli spalti per evitare contatti tra tifosi avversari. Le autorità preferiscono la vendita di tagliandi per i soli abbonati oppure solo a chi è in possesso della tessera del tifoso. In questo caso si può quantificare un’altra perdita per Roma e Lazio di circa 400mila euro a club. Ecco perché — ma i tempi per l’organizzazione sembrano non essere sufficienti — dalla Lega è filtrata l’ipotesi di uno spostamento della finale a Pechino, integrando un accordo pre-esistente. Il derby di Coppa Italia prenderebbe il posto della Supercoppa Italiana, di cui si dovevano disputare tre edizioni in Cina in cinque anni. Piano-bis o boutade?