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GAZZETTA DELLO SPORT I tanti moduli di Andreazzoli. E’ l’anti-Zeman

Aurelio Andreazzoli

(A.Pugliese) – Alla fine, è tornato al suo primo amore, a quel 4-2-3-1 che aveva plasmato nella Capitale insieme a Luciano Spalletti e che a lungo aveva fatto sognare i tifosi giallorossi. Per arrivarci, però, Andreazzoli è dovuto passare da molto moduli e tante mutazioni: dalla difesa a tre (con alcune sue varianti) fino al modulo spallettiano, passando anche per il 4-3-3 zemaniano. Già, Zdenek Zeman, il tecnico che l’ha preceduto e di cui Andreazzoli ha preso in consegna l’eredità. Tra i due sembra che ci sia un solco eterno: tatticamente intransigente e «talebano» il boemo, mutevole e disposto ad ogni compromesso il secondo. Così tanto che appena insediato Andreazzoli disse: «I calciatori valgono per il 100%, il sistema di gioco non conta niente, è semplicemente il risultato finale delle caratteristiche dei vari elementi». Un trancio netto con il passato, l’addio conclamato a tutte le convinzioni di Zeman, a partire da quella principale: non sono i giocatori a doversi adattare al modulo ma viceversa.

TALEBANO  Zeman aveva plasmato la Roma sul 4-3-3, dogma di una vita, anche se la mancanza di un regista vero e la presenza di Totti l’avevano costretto a modellare in parte il suo credo. Il capitano della Roma, sotto la gestione del boemo, non ha mai fatto l’esterno d’attacco puro, ma piuttosto il regista arretrato sul centrosinistra, con ampia libertà di manovra. Così come De Rossi, che doveva essere nell’idea iniziale la mente del centrocampo giallorosso, non è mai stato capace di prenderne in mano le redini. Il resto l’hanno fatto due esterni di difesa non «adatti» al suo gioco e una serie di difficoltà infinite. Nonostante questo, l’allenatore boemo non ha mai cambiato il suo 4-3-3, tranne nell’«autogestione» di Firenze, in Coppa Italia, quando per le tante assenze la Roma giocò con la difesa a tre e Zeman, per la prima volta in carriera, schierò il 3-4-3.

METAMORFOSI Aurelio Andreazzoli, invece, ieri ha ricevuto a Massa (la sua città natale) il premio «Sportivo dell’anno 2013». «La Roma è un bel gruppo. Io per questa squadra ho fissato tanti obiettivi e li voglio raggiungere tutti», ha detto subito dopo la premiazione. Per raggiungerli, da cinque partite il tecnico giallorosso ha abbandonato la difesa a tre (Marquinhos-Burdisso-Castan, retroguardia inizialmente scelta per dare più copertura ad un reparto che sotto la gestione-Zeman aveva preso gol a raffica), con cui aveva lanciato il suo corso in casa della Sampdoria (3-5-2, per poi dedicarsi al 3-4-2-1 fino al k.o. di Palermo). «Qualcuno ha detto: “Se il tecnico non fa danni, fa un buon lavoro”. E io sono d’accordo — ha detto nei suoi primi giorni Andreazzoli — Se l’allenatore riesce a essere un buon coordinatore di energie, conta molto. Altrimenti, può solo togliere alla squadra. I calciatori sono gli attori principali, il calcio è normalità, equilibrio e collaborazione». Così Aurelio, dal derby con la Lazio ha virato, optando per la difesa a 4 e cambiando pelle in corsa più volte: prima il 4-3-1-2, poi il 4-3-3 schierato con Torino, Inter (in Coppa Italia) e Pescara, infine il ritorno all’amato 4-2-3-1 spallettiano. L’anti-Zeman, a conti fatti, alla fine è proprio Andreazzoli: nessuna intransigenza tattica, ma tanti mutamenti.

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