(A.Serafini) – Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare. Almeno nelle intenzioni. E quelle di Aurelio Andreazzoli non lasciano spazio a interpretazioni di sconforto e preoccupazione in vista della sfida del Franchi con la Fiorentina.
«Sento di avere tutto sotto controllo, magari non riesco a dare questa impressione, ma vi assicuro che è così». Un segnale di fiducia, o magari in cuor suo, soltanto la speranza di ottenere dai suoi ragazzi lo stesso approccio visto una settimana fa con il Siena. Anche perché oggi la forza dell’avversario nasconderà insidie certamente diverse dall’ultimo appuntamento che la sua Roma ha affrontato tra le mura amiche dell’Olimpico. Una sferzata di autorità presa al balzo a risposta di chi gli chiedeva se a volte si sia sentito un vero e proprio domatore dello spogliatoio: «È vero sono un domatore – ha replicato il tecnico -, lo possono confermare tutti quelli che lavorano con me. Mi sento così perché la partita di domani (oggi, ndr) voglio vincerla a tutti i costi. Dovrei dire vorrei, ma preferisco dire voglio. Per la Fiorentina è estremamente importante, possono guardare a un obiettivo straordinario e chiaramente daranno il massimo».
L’obiettivo viola di raggiungere l’ultimo posto valido per la Champions League si trasmette di riflesso anche a Trigoria, dove il pensiero di poter vincere lo scontro diretto riavvicinerebbe, ancora una volta, quel sogno europeo a cui nessuno sembra abbia mai creduto durante la stagione. «Siamo fuori dalla lotta scudetto e questo lo dicono i numeri, ma anche la corsa Champions è una possibile utopia. Con 7-8 punti in più potevamo fare discorsi diversi. Ora dobbiamo concentrarci, e tutto quello che esce al di fuori dell’aspetto tecnico come il mercato o il mio futuro non ci serve, mi infastidisce un po’».
Un discorso inevitabile, considerando che oggi Andreazzoli stringerà la mano ai tanti vecchi amici conosciuti negli anni a Trigoria, partendo proprio dal suo rivale Montella, guida della colonia romanista a Firenze: «Non posso che parlare benissimo di Vincenzo, quando lui ancora giocava e vedevamo le partite insieme dalla panchina già dimostrava di avere la predisposizione ad allenare. È arguto, simpatico e in continua evoluzione. Qualche anno fa fui vicino anche io alla Fiorentina: Mihajlovic mi chiese di fargli da collaboratore, poi ho conosciuto Sabatini e ho deciso di rimanere. Una scelta di cui non mi sono pentito».
Retroscena e informazioni che vengono meno quando si entra nello specifico sulle scelte dell’undici titolare che scenderà in campo: «Finalmente abbiamo il gruppo al completo, anche se qualcuno di loro non è al top. I fischi a Osvaldo? Fanno parte del gioco. Ma durante la gara più diamo sostegno a tutti, meglio è». A prescindere dal modulo: «Perché sono tornato al 4-2-3-1? Me lo ha suggerito mia moglie, per doveri coniugali a volte è meglio ascoltare».