Che serata particolare…Forse troppe vecchie facce amiche tutte assieme, ricordi recenti e prestigiosi, tirati a lucido in alcuni casi da qualche prestazione individuale, come quella di Pizarro e scusate se chi scrive non può fare a meno, a questo punto, di asciugarsi una lacrimuccia.
Il primo tempo fila via ad un ritmo che è in totale controtendenza rispetto alla temperatura già quasi afosa: da Cuadrado a Florenzi, è una gara a chi abbassa il tempo sul giro e se la Roma abbassasse anche qualche traiettoria in fase di tiro ci sarebbe il vantaggio.
Lobont stordito: si scalda Goicoechea, che è come dire Mia Farrow in “Rosemary’s baby”: terrore allo stato puro.
Invece sono parate ed uscite decisive, quando entra: il brivido resta ogni volta, ma anche la sorpresa di sentirsi protetto, compreso il dio Palo che ogni tanto si ricorda anche di noi. Si soffre, nella ripresa, ora va a sapere se i viola alzano ulteriormente i giri o li abbassa la Roma, che però mantiene lucidità su ogni palla inattiva, fino alla fine: la capoccia di Osvaldo, quando la clessidra ha già esaurito i granelli, prende la partita contromano: è un frullo di rete coperto dal rumore del fischio di Mazzoleni; poi scoppia il “formaggino” giallorosso, settori di ospiti increduli. Per tutta Firenze, si odono invece solo le proteste di Montella.
Tre punti pesanti come una chianina poco cotta e un disappunto che la vittoria non cancella: Totti (grandissimo in ogni dove, ormai bionico)così lontano dalla porta indolenzisce il cuore.
Paolo Marcacci