“Puntare sui settori giovanili, far crescere i nostri giovani di qualità per colmare il gap con le squadre estere che hanno capacità di spesa nettamente superiori all’Italia”. Di queste parole si riempiono la bocca tutti, dal presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio Giancarlo Abete al vice Demetrio Albertini fino al presidente dell’Associazione Italiana Calciatori Damiano Tommasi. Dai dirigenti degli organi istituzionali ai presidenti delle squadre più blasonate fino ai direttori sportivi, costretti a slalom degni dei migliori sciatori tra ristrettezze di budget e richieste esorbitanti anche da paesi in cui fino a pochi anni fa era più facile comprare come Brasile o Uruguay.
Parole forti, che danno lustro, che inebriano l’opinione pubblica. “Cerchiamo di far conoscere e apprezzare i nostri ragazzi, dando loro opportunità di mettersi in mostra”: una frase chiave, una pietra angolare sempre di grande gusto, utilizzata da Presidenti della Repubblica (che poi nomina 10 saggi oltre i 60 anni per varare un programma di governo urgente), del Consiglio o della Figc, spesso seguita da un’altra molto significativa: “Tutti dobbiamo competere a questo obiettivo e la comunicazione e i giornalisti devono fare la loro parte”. Bravi, sorrisi, applausi.
Ma la realtà? Quale è la realtà? Cosa accade quando si cerca di provare a dar seguito a queste parole? Cosa succede quando si prova a fare “la propria parte”? Porte chiuse, sbarrate. L’occasione è semplice quanto importante, amichevole (!) di fine stage tra la Nazionale italiana Under 20 allenata da Luigi Di Biagio e l’A.S.D. Lupa Frascati, squadra militante nel girone G della serie D.
Una partita significativa per gli azzurri, per mettersi in mostra davanti ai collaboratori federali che potrebbero valutarne una promozione in Under 21 e, con l’ausilio della stampa, farsi conoscere dal pubblico. Morale della favola? Tutto finisce prima di iniziare. La guardia posta all’entrata del Centro di preparazione Olimpica “Giulio Onesti” dell’Acqua Acetosa ci vieta l’ingresso. “Bisogna essere accreditati presso l’ufficio stampa della Figc” è la risposta che otteniamo dopo la presentazione. Mostriamo il tesserino da giornalista, chiarendo le intenzioni di voler solo osservare, fare cronaca e portare a conoscenza dei miglioramenti dei giovani anche dietro al lavoro di una struttura federale. Le stesse “giovani leve su cui bisogna puntare” eccetera. Il disco non si interrompe e si ripete varie volte, con l’aggiunta di un laconico dispiacere dopo aver sfogliato delle carte in maniera abbastanza superficiale. E prima ancora di poter chiedere delucidazione a qualche superiore, arriva un secondo collega che ribadisce il concetto: “Senza accredito non si entra”.
L’importante è che sui giovani ci sia voglia di puntare. Le parole sono bellissime, la voglia tanta, il passaggio ai fatti purtroppo non è per questo paese.
Daniele Luciani