(M. Bianchini) – Delle tante cose brutte viste durante la serataccia dell’Olimpico, forse potrebbe fornirci una probante spiegazione soltanto il prof. Sigmund Freud. Se ancora fosse in vita, il più illustre maestro della psicoanalisi avrebbe materia più che sufficiente per un dibattito ad ampio respiro. L’invito sul classico lettino, consiglierebbe di dare la precedenza ai giocatori. Non perché siano gli unici colpevoli.
Ma nella veste di attori principali, sono loro i primi a dover produrre elementi utili per capire l’origine del male oscuro che sconcerta l’animo della gente romanista. Inutile possedere piedi buoni, cognizione di teorie tattiche, accompagnate da manifestazioni di intenti, se la mente non viene sollecitata a trasmette ai muscoli delle gambe il modo di tradurle in pratica. E’ una regola scientifica ampiamente collauda. Totalmente digiuni degli strani meandri psicologici, non abbiamo la presunzione di poter offrire l’antidoto giusto. E neppure passa per la mente di unirsi all’esercito di architetti della sapienza calcistica risolutori di tutti problemi , anche perché molti di essi stanno riaffiorando intorno all’amico stagno dove sguazza la malafede. Però , sicuri di interpretare il desiderio dei tifosi romanisti, una cosa ci sentiamo di dire, forse dal sapore ripetutamente lapalissiano ma tremendamente realistica.
Almeno in queste ultime tre finali vorremo vedere gente che si “mangia” la palla con la fame rabbiosa dell’amor proprio. Tutto qui. Se alla fine il tabellone ci dirà della sconfitta, scrosceranno ugualmente gli applausi. Poi, ci sarà tempo per ragionare sui numeri impietosi e storie di occasioni mancate in fotocopia, anch’esse bisognevoli di essere sottoposte alle teorie di Freud quando si pensi che esistevano tutte le condizioni per navigare tranquillamente in zona champions. Infatti, accantonata per un momento la conduzione tecnica contrastata e laboriosa quanto volete, viene tanta voglia di chiederci: «E’ mai possibile che un parco giocatori di livello, in parte corteggiato da mezzo mondo, non riesca ad interpretare per conto proprio almeno l’approccio alle tante partite ritenute facili?» Forse sarebbe bastato questo piccolo “impegno” , non bisognoso di speciali avvertimenti dalla panchina, a convogliare nella giusta direzione la tranquilla conquista dei tre punti.
Liberato il fegato da improrogabili interrogativi, stiamo attenti all’istruzione frettolosa di processi sommari , che fanno comodo soltanto ai frequentatori della palude. Penne e microfoni vengono rimessi a lucido ad uso e consumo della plebe scatenata sul futuro dipinto a fosche tinte., La saggezza , ineguagliabile suggeritrice della moderazione, insegna invece a guardare il presente che non può attendere responsi e decisioni allineate sul tavolo dell’estate. Milan e Napoli sembrano giungere opportune a cancellare altri errori di approccio che nel rispetto della logica dovrebbero mancare in presenza del loro carisma stimolante.
Ma esiste una logica nella mente della truppa e dell’incerto allenatore? Domanda da un milione di dollari che circola da troppo tempo sugli spalti e fuori dall’Olimpico. Gli impagabili tifosi romanisti , pure a difesa del proprio equilibrio, sperano che non si renda necessario un supplemento di indagini da parte del prof. Freud. Non gradirebbero di trovarsi nell’imbarazzante situazione di dover invocarne l’aiuto!