(C.Zucchelli) La cosa più importante — e interessante — non la dice. Niente domande e risposte scomode quando si parla al canale di casa e quindi nessun indizio su quello che farà a fine stagione.C’era attesa per l’intervista di Dani Osvaldo a Roma Channel: parla raramente l’italo-argentino, poco avvezzo a microfoni e telecamere, ma a due giorni dalla partita col Napoli fa un’eccezione pur non svelando nulla sul suo futuro (che poi era la cosa che tifosi e addetti ai lavori volevano sapere). Meglio raccontare la sua rinnovata «tranquillità» che segue «un periodo complicato perché quando un attaccante non segna non è mai facile».
RAMMARICO Non parla di futuro Osvaldo, anche se in Italia lo vorrebbero proprio il Napoli, per sostituire Cavani, e la Fiorentina per il dopo Jovetic. Entrambe le destinazioni sarebbero gradite al numero 9 della Roma, chiamato da Prandelli per la Confederations Cup, allettato soprattutto dall’idea di giocare in Europa. Certezze però non ce ne sono, anche perché Osvaldo potrebbe rimettersi in gioco a Roma per riscattare una stagione nata male e finita peggio: «C’è rammarico per quello che potevamo fare, soprattutto in alcune partite che erano facili e poi sono diventate impossibili», racconta. Con Zeman o con Andreazzoli, il capocannoniere stagionale ha sempre trovato spazio ma non spiega i cali di concentrazione della squadra, limitandosi a parole di circostanza: «Per me siamo forti, spero che l’anno prossimo resti più gente possibile. Possiamo fare qualcosa di bello».
MAGLIETTA SFORTUNATA Magari vincere la Coppa Italia sarebbe già qualcosa: «Adesso sono tranquillo, ma la settimana prossima lo sarò meno», ammette l’attaccante. Da quando è a Roma non ha mai vinto un derby, pur segnando alla prima occasione. Quel giorno, con Luis Enrique in panchina, mostrò una maglia «Vi ho purgato anche io» che voleva essere un omaggio all’amico Totti e a quel «Vi ho purgato ancora» mostrato dal capitano ai laziali nel 1999. L’iniziativa non portò bene, qualcuno in società non apprezzò il gesto e anche i tifosi non furono felicissimi. Un rapporto, quello con la gente romanista, che vive di alti e bassi: applausi a scena aperta e mitraglie sotto la curva Sud, fischi, di nuovo applausi. «Io non sono un ruffiano — la spiegazione di Osvaldo —. Roma è una città unica, che a livello di calore umano ti dà tantissimo ma io il rispetto devo guadagnarlo sul campo. Non bacio la maglia per tenermi buono il pubblico. Non mi piace prendere in giro la gente: da bambino non ero tifoso della Roma, sono un tipo leale».
COMPAGNI DECISIVI Talmente leale che non c’è giocatore, a Trigoria, che ne parli male, compresi quelli con cui ha avuto screzi: da Lamela a Burdisso, da Totti a Florenzi e De Rossi, tutti gli vogliono bene. E proprio questo feeling con la squadra potrebbe essere decisivo per una sua eventuale permanenza a Roma. Non solo: se fino a qualche settimana fa Osvaldo sembrava in cima alla lista dei partenti, adesso è di nuovo tutto in bilico visto che sarà il nuovo allenatore ad avere l’ultima parola su una sua cessione. Cessione che, tra l’altro, lui non ha mai chiesto: «Su di me ci sono tante chiacchiere — la precisazione di Dani — ma adesso ho un equilibrio che non ho mai avuto». E chissà che non sia proprio questo a farlo restare a Trigoria.