(A. Costa) – Sono trascorsi nove giorni dalla conclusione del campionato e dalla solenne arrabbiatura (l’ennesima) di Silvio Berlusconi nei confronti di Massimiliano Allegri, colpevole di avere sbagliato formazione anche a Siena Da allora abbiamo assistito a un lungo surplace in cui in pratica non si è mossa foglia nell’attesa che Adriano Galliani, il temporeggiatore, portasse a compimento la sua strategia lasciare che l’ira di Berlusconi sbollisse spontaneamente. Va da sé che l’annunciato summit di giovedì sera ad Arcore avrebbe corso il rischio di trasformarsi in una sorta di commedia degli equivoci, se non addirittura degli errori, visto che il suo obiettivo dichiarato era quello di riaggiustare tutti i cocci di un matrimonio andato da tempo in frantumi In realtà nessuno avrebbe comunque potuto escludere un finale differente, magari un divorzio benedetto da una lauta corresponsione di alimenti (buonuscita).
Da un lato infatti Berlusconi non hai mai fatto mancare ad Allegri la sua dichiarata disistima, contestando in maniera reiterata scelte, schieramenti e gestione dello spogliatoio. Dall’altro il tecnico livornese, perso (lo scorso anno) uno scudetto che ancora grida vendetta, s’è visto costretto a convivere con le frecce avvelenate del presidente nonostante in questa stagione, pur tra molteplici e documentati errori, la qualità media del suo lavoro sia risultata più che buona avendo trasformato un’accozzaglia di giocatori in una squadra che ora va comunque sgrezzata, perfezionata, soprattutto arricchita di qualità. Si può dunque sostenere che, paradossalmente, la sconfitta romanista nel derby di Coppa Italia con relative inquietudini di piazza abbia finito per semplificare la vita ai rossoneri, tracciando la strada della soluzione più coerente: quella della separazione.
Un presidente ha piena facoltà di imporre le proprie strategie aziendali, un allenatore ha tutto il diritto di pretendere rispetto. Costretta dagli eventi a restringere i tempi di attesa, la Roma toglie Allegri dalle sabbie mobili in cui si era impantanato garantendogli di fatto (attraverso un ricco stipendio) anche quegli alimenti che pretendeva per concedere il divorzio al Milan. Adesso a Milano, versante rossonero, può iniziare la storia di Clarence Seedorf odi chi per lui.