Il bambino dello spot Barilla è rimasto fuori dai cancelli. Questa la metafora che viene in mente per cercare, con tutta la fatica del mondo, di spiegare uno stato d’animo. Il tifoso giallorosso ha subito un dolore, domenica. Qualcuno potrebbe specificare che si tratta di un dolore sportivo, per noi il dolore è dolore e basta, senza per forza dover stilare classifiche delle sofferenze.
In quel famoso spot che ci piaceva tanto e che ogni tanto andiamo a riguardarci su Youtube, il ragazzino con la sciarpa giallorossa rappresentava tutti noi,per la sua voglia di partecipare, per l’impegno di esserci sempre e comunque, per il senso insopprimibile di appartenenza che, quando c’era di mezzo la Roma, abbatteva gli steccati tra generazioni e ceti sociali.
Al di là della prestazione avvilente della squadra, degli errori e orrori di un “tecnico” tanto elementare tatticamente quanto supponente a livello dialettico, dell’ennesimo mancato appuntamento di più d’un big del sopravvalutato gruppo, quello che ci ha offeso è stata la mancata comprensione, da parte di una dirigenza sempre più distante, della nostra sofferenza. Nota bene: non si parla solo di distanza fisica ma anche e soprattutto emotiva: non ci sentiamo né compresi né considerati; al massimo sopportati e pure in malo modo.
I due giorni seguiti al goal di Lulic sono stati quasi peggio del momento in cui ci hanno alzato la coppa in faccia: assenza di chi doveva metterci la faccia sin dal fischio finale di Orsato; comportamenti puerili per via telematica sanzionati prima da Prandelli che dalla Roma; dichiarazioni di simpatia per la gioia dell’avversario invece che di scuse e rispetto per una tifoseria tramortita, atteggiamenti elitari e radical-chic nel momento in cui la Roma dovrebbe riconoscersi nel proprio “popolo”, unica via di salvezza almeno per la passione. Per tutto il resto ci vorranno tanti soldi, perché quella passione li merita. Ci vorrebbero, il condizionale è d’obbligo, con questi chiari di luna.
Finiamo tornando alla metafora con cui abbiamo iniziato: magari oggi il bambino dello spot non entrerebbe allo stadio: qualche dirigente o qualcuno dei tanti collaboratori a libro paga darebbero mandato agli inservienti di non aprire i cancelli.
Forza Roma, sempre e qualcuno spieghi a chi di dovere quanto amore c’è dietro queste due parole.
Paolo Marcacci