(A. Grasso) – Non c’è di peggio che dare del laziale a un romanista. Se Osvaldo aveva intenzione di ferire il suo allenatore, Aurelio Andreazzoli, colpevole di averlo tenuto fuori nel derby di Coppa Italia, diciamo che c’è riuscito. I due avevano battibeccato a fine gara e il tecnico giallorosso non era certo stato tenero nei suoi confronti: «Osvaldo non è nuovo a queste scene sotto le telecamere, poi magari nel privato ha comportamenti un po’ piagnucolosi ». Di qui il tweet velenoso del calciatore: «Facevi più bella figura se ammettevi di essere un incapace… Vai a festeggiare con quelli della Lazio va…».
Osvaldo il caldo, Osvaldo «Simba» (omaggio al Re Leone), er Johnny Depp de noantri, «Dani» è un tipo focoso, un centravanti di sfondamento: fa a cazzotti negli spogliatoi, insofferente alle regole, manda a quel paese compagni e giornalisti. Poi, però, si fa male da solo: Cesare Prandelli non lo ha convocato in Nazionale per aver disertato la cerimonia di premiazione, a fine derby. Inutile buttarla sul sociologico: l’infanzia non facile a Buenos Aires, i campi di calcio come unica scuola, l’arrivo in Italia a vent’anni, destinazione Atalanta, e poi Lecce, Firenze, Bologna, l’etichetta di incompiuto, l’Espanyol, la Roma, l’accusa di traditore per aver scelto di giocare per l’Italia e non per l’Argentina («Amo l’Argentina, ci sono nato e cresciuto, ma qui ho raggiunto maturità calcistica e personale. In Italia mi sento a casa»).
Come dice Robert De Niro in Bronx, «Non c’è niente di peggio che il talento sprecato». Quando va sul colto, Osvaldo il caldo dice di amare lo scrittore francese Frédéric Beigbeder, che si considera un nichilista e un provocatore: «Un nichilista che crede nel dogma della velocità. Se non siamo certi di vedere il domani, dice, è meglio correre. Ho letto “L’amore dura tre anni” e poi “Windows on the world”, una nitida istantanea dell’11 Settembre ». Chissà cosa leggono Zeman, Andreazzoli, Prandelli e tutti gli incapaci che non lo capiscono. È vero che le anime semplici sono noiose, abitano scenari vuoti, ma un dissipatore di talento come Osvaldo è solo una vittima sacrificale. Ora del caso ora del caos. Che poi, in fondo, sono la stessa cosa.