(A.Catapano) Centoventisei giorni dopo l’esonero di Zeman e a due settimane dalla madre di tutte le sconfitte, la montagna ha partorito un topolino: «L’annuncio del nuovo allenatore arriverà a metà della prossima settimana. Non sarà italiano, è improbabile. Sarà sicuramente una grande Roma. Se sarà un allenatore di prestigio? Di prestigio sono solo le persone. Stiamo aspettando tanto perché vogliamo fare le cose nel modo migliore». Così parlò ieri Walter Sabatini, il d.s. che dopo l’uscita di scena di Franco Baldini è assurto al ruolo di manovratore più o meno incontrastato della macchina giallorossa, l’uomo solo al comando della Roma (almeno dell’area sportiva), con un gregario, Mauro Baldissoni, al suo servizio.
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E allora perché definire le sue dichiarazioni un «topolino»? Non dovrebbero essere, invece, le prime parole rassicuranti sul futuro della Roma?
«Dovrebbero, se solo i tifosi si fidassero ancora di questa società. Se non fossero le stesse identiche promesse fatte nel 2011, quando la scelta di Luis Enrique doveva imporre addirittura una rivoluzione culturale nel calcio italiano, e ripetute un anno fa, con l’avvento di Zeman, spacciato per il continuatore ideale di un progetto che dopo una stagione di rodaggio sarebbe certamente esploso. Dopo due anni di scelte tecniche sbagliate, risultati mediocri e manovre societarie illogiche, i tifosi hanno perso fiducia, punti di riferimento, perfino identità. Servirà ben altro che un annuncio a mezza bocca per ridargli morale».
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Scegliere l’allenatore giusto sarebbe già un bel punto di (ri)partenza…
«Già, ma certamente non la panacea di tutti i mali. Dovremmo stabilire una volta per tutte se alla Roma serva più un motivatore, un sergente di ferro o un insegnante di calcio. Zeman – sul quale erano quasi tutti d’accordo, pure i tifosi e i giornalisti che oggi lo rinnegano – sembrava avere le caratteristiche giuste per imporre le proprie scelte. Non ci è riuscito, ma la società nei momenti cruciali e nelle decisioni più sofferte non ha voluto o saputo sostenerlo fino in fondo. Il nodo è sempre lo stesso: un allenatore senza dirigenti «complici» a Roma dura poco. Potranno arrivare anche Mancini o Bielsa, ma senza una spalla pure loro farebbero molta fatica qui. Lo dice la storia: Capello aveva Lucchesi e Baldini, Spalletti Conti e Pradè, Ranieri poteva contare su Montali».
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Luis Enrique e Andreazzoli avevano Baldini e Sabatini…
«Solo che il primo ambiva a qualcosa di ben più «nobile» che rapportarsi ogni giorno con i calciatori, e al secondo riesce molto meglio scovare talenti che trovare le parole giuste per compattare una squadra».
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E Zanzi? E Fenucci? Seppure orfana di Baldini, la Roma ha un esercito di dirigenti a libro paga…
«Zanzi ha la carica che avrebbe voluto Baldini, ma a Trigoria non è percepito come figura, diciamo, autorevole. Fenucci è stato ridimensionato dall’avvento di Pannes: pur essendo quello con più esperienza nel calcio italiano, gli hanno lasciato «solo» la cura dei bilanci. In sostanza, alla Roma servirebbe un uomo spogliatoio di peso. Ma forse si scontrerebbe con le velleità di Sabatini. A questo punto, non resta che augurarsi per la Roma una presenza più assidua di Pallotta. In queste ore tribolate, per esempio, un suo messaggio forte e chiaro sarebbe apprezzato dai tifosi».
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Ha appena risposto a Claudio Lotito…
«Dandogli del tifoso romanista… Le dichiarazioni del presidente della Lazio, e le successive punzecchiature di De Laurentiis, forse meritavano concetti un po’ più profondi. Ma non è mai troppo tardi».