(V. Cito) – Sono solo 140 battute, chi vuoi che le legga? Il problema è quando ti chiami Mario Balotelli e di follower ne hai più di 800mila. Un sospiro diventa tornado, specie se ti sfoghi così dopo l’espulsione in Repubblica Ceca: «Scrivete quello che volete ma poi alla Confederation tifate un’altra squadra». E’ successo di tutto, un conto è cinguettare con la Fico, un altro urlare alla nazione. Il minimo che il milanista si è sentito dire è di essere immaturo. Poi il silenzio, le scuse («ho sbagliato, devo ancora imparare»), accettate dal ct Cesare Prandelli («Mi è piaciuto soprattutto il secondo messaggio»), l’immancabile dibattito sugli usi e gli abusi dello strumento. Demetrio Albertini, vicepresidente della Figc, l’ha chiuso così: «Nel rispetto della piena libertà d’espressione, il mezzo di comunicazione della nostra professione resta la conferenza stampa». Nessuno stop, comunque, ci mancherebbe altro, e l’ha ribadito lo stesso Prandelli: «Le regole di comunicazione vanno discusse, non vietate».
Il caso Il problema è che non tutti hanno capito come twitter non sia un giochino privato, specie se utilizzato da personaggi pubblici. Le conseguenze possono essere devastanti. E’ costata, ad esempio, l’esclusione dai Giochi di Londra l’infelice battuta dell’atleta Voula Papachristou mentre in Grecia divampava un’epidemia dovuta agli insetti («Quanti africani in Grecia, le nostre zanzare del Nilo potranno mangiare cibo fatto in casa»). Indifendibile. Potrebbe costare ripicche di mercato il tweet di Aurelio De Laurentiis dopo la vittoria sul Cagliari, dedicata ad Astori e Nainggolan. Avevano rifiutato la cessione al Napoli, difficile la accettino oggi. Le esternazioni della signora Snejider sulla situazione del marito che non giocava mai portarono addirittura al divieto di twittare sull’Inter. Finì che i coniugi Snejider lasciarono l’Italia, salutandola ovviamente con un tweet. Si è messo in cattiva luce (anche) per un tweet l’attaccante Osvaldo, che dopo la sconfitta in coppa Italia con la Lazio invitò l’allenatore Andreazzoli, che lo aveva escluso dalla formazione iniziale, ad andare a festeggiare con gli avversari. Più delicato, altrettanto polemico, Gonzalo Rodriguez, difensore della Fiorentina, dopo il successo del Milan a Siena all’ultima giornata: «Se dico quello che penso, non gioco più in Italia». E pur non dicendo niente, fece dire di tutto a chi lo lesse.
Precedenti Insomma, social network che usi, problemi che trovi. Sembra passato un secolo, non era ancora twitter, però bastò una risatina su Facebook («No Cerci, no coppa Italia ah ah ah. Ciao Delio, ciao tifosi») per scatenare il putiferio a Firenze. Era stata la fidanzata del calciatore, piccata per la sua esclusione, a sfogarsi così dopo l’eliminazione dei viola dalla competizione. Ovviamente oggi Cerci gioca in un’altra squadra. Insomma, a maneggiare certi giochini, alla fine si può rimanere scottati. Tante volte, sarebbe meglio una telefonata. Ma se non siete d’accordo, prendetevela pure con l’autore di questo articolo. Ovviamente con un tweet.