Forse il problema, per Garcia con tanto di pronuncia accentata, non sarà tecnico e nemmeno tattico. Lì potrebbe regalare sin da subito positive sorprese, se solo fosse seguito sin da subito dal gruppo e protetto adeguatamente da questa dirigenza così particolare: folta, fisicamente distante per quanto riguarda il vertice, alternativa per quel che concerne le modalità operative, spesso inesperta circa le perfidie dell’ambiente pallonaro.
La medesima dirigenza che ha protetto Luis Enrique ben oltre le soglie dell’evidenza e dei risultati e, almeno a nostro giudizio, additato Zeman come capro espiatorio del secondo fallimento consecutivo: frettolosamente, esautorandolo a parole prima ancora della famigerata gara col Cagliari in casa (la madre di tutte le vergogne); senza ascoltarne doglianze e segnalazioni, senza dar molto credito alle sue indicazioni, non soltanto tecniche.
Se il problema di Garcia dovesse essere allora “ambientale”, le virgolette sono giustificate dal fatto che non alludiamo all’ambientamento nel nostro brutto e scorbutico torneo ma ai pericoli cui sarebbe esposto se chi presiede e dirige la Roma fosse colto dal disorientamento che ha già due annate e che sta precipitando nell’oblio la memoria di quelle coppe europee che per noi erano pane quotidiano.
Auguriamo a Garcia di trovare a Trigoria uno che sappia spiegargli la Roma e la sua gente. Già, ma chi?
Paolo Marcacci