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CORRIERE DELLO SPORT I francesi non sfondano all’estero, ma Garcia può essere l’eccezione

Rudi Garcia

(M. Evangelisti) – Salutate con un bell’applauso Rudi Garcia, anche se non ha ancora fatto nulla. Non conta tanto ciò che non ha fatto lui quanto ciò che non hanno fatto gli altri. Garcia non è soltanto il primo allenatore francese della Roma. E’ il primo allenatore francese a lavorare in Serie A, dato che Didier Deschamps, attuale selezionatore della Nazionale, ha gestito la Juve solo tra i cadetti. (…)

Talvolta la statistica è sostanza. Soprattutto se da storica diventa attuale. In questo momento nei quattro maggiori campionati europei (Spagna, Inghilterra, Germania e Italia, da classifica Uefa) sono presenti appena due tecnici francesi, Garcia e l’istituzione Arsène Wenger all’Arsenal, dove non lo tengono soltanto per l’assonanza tra il nome suo e quello della squadra. Lo tengono perché dirige ad ampio raggio come un vero manager all’inglese e perché non ha problemi di lingua, grazie alla sua origine alsaziana che gli ha reso un gioco imparare gli idiomi germanici.

Se si chiede ai francesi, danno diverse spiegazioni che bisogna incollare insieme per ricavarne una convincente: il fatto che nessuno da Marsiglia in su porta addosso l’odore della vittoria nelle competizioni europee, la pura e semplice inadeguatezza a domare spogliatoi ricchi, la puzza sotto il naso per i linguaggi barbari, le partite insopportabilmente noiose di cui è intessuto il campionato transalpino, l’idiosincrasia per le relazioni pubbliche che al contrario fanno la fortuna dei tecnici in Inghilterra e altrove, la convinzione diffusa che i francesi insegnino calcio ai giovani molto meglio di quanto organizzino il calcio dei vecchi pirati.

Dunque le domande inquietanti sulla scelta di Garcia da parte della Roma hanno ragione d’essere. Però vantano anche qualche risposta ragionevole. Prima fra tutte l’osservazione che proprio un tecnico capace di valorizzare i giovani cercava la Roma e Garcia cercava un club che gli permettesse di seguire la sua ispirazione di educatore e chef in grado di mescolare diversi aromi e sapori, quelli freschi e quelli più conosciuti. L’incrocio magico che con Mazzarri non è stato rintracciato. Si consideri inoltre che Garcia fa eccezione a molti dei suddetti luoghi comuni: parla inglese, spagnolo e presto italiano, a Lilla ha costruito molto con poco, assieme a Philippe Montanier del Rennes forma una coppia di divertenti nemici le cui squadre frullano di ritmo. Gli mancano, come no, i successi europei e conta di raccoglierne con la rosa della Roma, superiore a quella del Lilla. (…)

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