(G. Dotto) – Va bene che siamo tutti bestie a gettone del circo mediatico e che il clown ha già rubato la scena al contorsionista, ma le ultime parole di Daniele De Rossi, a proposito di quanto può essere fangosa Roma, meriterebbero una sosta più lunga di cinque secondi. Anche volendo stilare qui un manuale di sopravvivenza per quel tipo interessantissimo che è Rudi Garcia (a mia memoria il più interessante mai apparso a Trigoria), la cui diagonale faccia barra voce, e ci metto anche il nome, sembra disegnata apposta per fare da capobranco dei lupi affamati che sbucano dal tunnel pubblicitario dell’Olimpico. Consigli e riflessioni forse utili forse no per sopravvivere da allenatore romanista in una città smisurata, nel bene e nel male, grandiosa e piccina, unica nel suo covare allo stesso tempo e nello stesso tifoso passioni bambine e smanie cannibali. (…)
1 Garcia alias “Gracia” (basta una piccola ma significativa inversione di lettere) dovrà somigliare non tanto a quello che è o si crede di essere ma a quello che i tifosi si aspettano che lui sia. Scampati, evviva, all’Allegri Cuore di Latta e al Mazzarri Mastino Buio, ecco l’Andaluso Seduttore che, come tutte le seste scelte, è quella della Provvidenza. A cosa dovrà somigliare Garcia? Semplice, a un leader. Questo vuole la Roma giallorossa. Un maledettissimo leader che la prenda tra le sue braccia possenti. Garcia ha tutto per somigliare a quello che, senza conoscerlo, abbiamo raccontato con un ritratto vicino all’azzardo. De Rossi lo paragona a Luis Enrique. L’asturiano è un maratoneta, un cuore generoso, abituato al dolore e ai crampi, ma è crollato ben prima del traguardo, invecchiato di dieci anni. Non aveva di Garcia il filtro potente della maschera, la capacità scenica e anche mondana di mediare. In questo Garcia è simile a Mourinho oltre che a Belmondo (anche uno spicchio di Bardem). Genere cinico sentimentale. Virilità e affettività. Capello aveva del doberman la mascella ma anche il muscolo cardiaco. Zeman, la fissità grandiosa del totem. Ma non la tribù ai suoi piedi. Comunicava più rancore che carisma. Spalletti era giusto, aveva tanto di buono, ma permaloso come una scimmia, limite grosso per un leader. Ranieri comunicava cose buone ma ordinarie, tipo la minestra è a tavola. In quella tavola Andreazzoli si sentiva un abusivo.
2 Alla domanda idiota che oggi immancabilmente gli faranno: “Le ha creato problemi sapere di essere la sesta scelta?”, rispondere sgranando gli occhioni non a caso azzurri: “Anche Cenerentola era una sesta scelta e poi abbiamo visto com’è andata a finire”. (…)
3 Le radio locali. Ma anche siti internet, blog, blob, network, twitter.Roma è invasa da uno sciame spaventoso di linciatori compulsivi e calunniatori professionisti. Perché negare a questo esercito improvvisato di opinionisti, corsivisti, elzeviristi, la meravigliosa scorciatoia di sentirsi qualcuno insultando qualcun altro? Nemmeno la mamma li gratifica tanto. Garcia saprà distinguere tra gente seria, ce n’è tanta, meschinelli che una volta a casa non riescono a farsi rispettare nemmeno dalla moglie e “violenti” sistematici che hanno fatto di Roma e della Roma il loro sacco oltre che il loro business privato. Garcia non passerà il tempo a chiedersi come questo sia possibile. Non si chiuderà in un silenzio offeso. Ha charme e cervello per, eventualmente, replicare a questo Vietnam della parola tossica. Dovrà fare i conti con tutto questo. Tutti i giorni. Che fare? Né fingere di ignorare, né farsi travolgere.(…)
4 Comunicare il concetto che la felicità del tifoso coincide con la propria. “Stare insieme”, dalla stessa parte, nella felicità come nel dolore, come dice il prete, ma anche in assenza di prete. Il tifoso romanista si scioglie come neve al sole quando riconosce il capobranco. Che non vuol dire darsi al populismo becero, ma farsi virile manifesto di una guida spirituale. Perché la Roma, piaccia o no, è una religione. Se Galliani ti fa i dispetti o Lotito ti attacca frontale, non bastano i silenzi o le risposte fighettone, il tifoso romanista vuole altro, risposte romaniste. Vale anche per gli arbitri. L’arroganza è un vizio mediocre degli italiani mediocri. I più mediocri degli italiani, chissà perché, si travestono da arbitri. Roma, già dal nome, scatena antipatie viscerali. Negli ultimi due anni la squadra ha subito di tutto, ogni volta reagendo con la compostezza nobile delle anime belle, ricevendo il plauso dei Prandelliani politicamente corretti, ma la scorrettissima pernacchia di tutto il resto del mondo. Basta. Cambiare film. (…)
5 Francesco Totti. Schiacciato dalle delusioni e traviato dalle radio peggiori, il tifoso romanista ha subito negli anni una mutazione antropologica. E’ diventato più polemista da studio che tifoso da stadio, più tifoso di Totti che della Roma. E qui il capolavoro dovrà portare due firme, quella di Rudi Garcia e quella di Francesco Totti. Da capitano vero, Francesco dovrà aiutare il nuovo capobranco a immaginare una Roma che possa anche fare a meno di lui, senza per questo rischiare la testa. Vogliamo la testa di Garcia. Ma la vogliamo sul collo. Ci piace. Ci serve. Fate il contratto a Totti, se lo merita. Recuperate De Rossi, se ne ha voglia. Lui e Garcia sono fatti per piacersi.
6 Jim Pallotta va pazzo per Rudi Garcia. Lo dice in pubblico e in privato. Lo ha detto a Sabatini: “A fucking perfect choise”. Garcia convinci Pallotta a prenderti Paulinho. Te lo metti in carrozza e sei gia a Palazzo.