(M. Evangelisti) – A dare il benvenuto o il malvenuto alla squadra ieri c’era solo chi voleva sfogarsi. I tifosi che avrebbero desiderato semplicemente incoraggiare i giocatori all’inizio di una nuova stagione, fondamentale per il futuro, sono rimasti ben lontani da Trigoria. In parte perché la contestazione era annunciata ed è sempre meglio non infilarsi in situazioni strane, in parte per un palpabile disamore dei fan nei confronti di una società che non ha saputo nelle ultime due stagioni raggiungere neppure il minimo sufficiente in fatto di risultati.
E’ chiaro che la sconfitta nel derby di Coppa Italia con la Lazio, considerato lo spartiacque tra due destini dai tifosi di ogni ordine e grado, è alla base del malcontento. Infatti su quell’argomento insistevano ieri gli striscioni esposti. C’è però altro dietro la contestazione. Secondo i manifestanti, la Roma è diventata strumento di speculazione e di manovre calcistico-politiche estranee agli interessi della società giallorossa. Non a caso l’accusa per i tifosi più infamante è quella rivolta a Sabatini e ad altri dirigenti: di essere “laziali”, provenienti da esperienze sull’altra sponda del Tevere, dunque intenzionati a fare il male della Roma.
La società non ha capito il malessere profondo della Roma giallorossa. Altrimenti avrebbe provveduto a presentarsi al raduno con un paio di acquisti importanti, per dimostrare la volontà di girare pagina. (…)
Il timore dei tifosi è che tutte queste omissioni da parte della società discendano da un unico vizio di fondo: la mancanza di senso di appartenenza a una società antica e amata, l’incapacità da parte dei proprietari statunitensi di comprendere l’autentico spirito («l’ottica», come dice Totti) della Roma. O, peggio, l’intenzione di utilizzare la maglia come semplice strumento di business. Sarebbe stato facile placare gli animi. (…)