(G. Marcotti) – Quando nell’estate 2011 Arsene Wenger decide di spendere quasi 14 milioni per un semisconosciuto centravanti del Lilla, la perplessità tra i tifosi dei Gunners è palpabile.
ESORDIO DA SOGNO – Gervinho chiede e ottiene la maglia numero 27, quella che fin lì aveva indossato un suo compagno di nazionale, Emmanuel Eboué. (…) L’Arsenal pareggia con il Newcastle,l’ivoriano viene espulso per una sberla rifilata a Joey Barton. Al danno si unisce la beffa, davanti alle telecamere il manager dei Magpies lo addita come “simulatore”. Anche il primo gol inglese è una gioia dimezzata: Gervinho si sblocca ma l’Arsenal perde contro i Blackburn Rovers. Il primo trimestre comunque è incoraggiante, sembra ambientarsi senza difficoltà e l’intesa con Van Persie migliora. A rompere il delicato equilibrio arriva l’appuntamento con la Coppa d’Africa. Gervinho parte e (di fatto) non torna più. Forse anche per colpa di quel rigore sbagliato nella finale contro lo Zambia che condanna la sua nazionale – favoritissima alla vigilia – ad un amaro secondo posto. Wenger decide comunque di puntare su di lui per il dopo Van Persie.
L’olandese firma per il Manchester United, l’attacco dei Gunners viene affidato a Gervinho. Per scelta e per necessità perchè dopo una stagione così deludente è difficile trovare club disposti ad accollarsi il suo ricco stipendio (oltre 3,5 milioni di euro all’anno). La fiducia del tecnico inizialmente lo galvanizza ma presto Gervinho si smarrisce. L’ivoriano ha un’ultima puntata d’orgoglo: lo vogliono in Turchia e Russia, ma è lui a costringere l’Arsenal ad aspettare l’offerta giusta dall’Italia.