(L. Pelosi) – Se la sentenza di lieve condanna (sì, condanna, non assoluzione) a Stefano Mauri per il calcioscommesse fosse stata una sentenza “politica”, come si usa dire quando il merito viene al secondo posto nei critieri di chi giudica, non ci sarebbe da stupirsi. A livello politico, infatti, ormai da tempo il presidente della Lazio Claudio Lotito è un personaggio centrale. E sbagliano i molti tifosi romanisti che ancora lo considerano un personaggio buffo che fa divertire con le sue citazioni latine. Sarebbe ora di iniziare a considerarlo per quello che è: un manovratore molto abile a muoversi nelle stanze del potere e che fa di tutto per prenderselo, il potere.
LEGA E FIGC – Anche da una sconfitta, è uscito più forte. Qualche mese fa, infatti, non era riuscito a farsi eleggere vicepresidente federale, carica che peraltro non avrebbe potuto occupare in base alle Noif (le norme interne federali), in quanto condannato per calciopoli. Anzi, non potrebbe essere neanche consigliere federale, ma si è salvato in base una interpretazione fantasiosa da parte della corte di giustizia federale, dove si specificò che le condanne in primo grado non valgono. Per la verità, Lotito ha anche una condanna in secondo grado, quella per aggiotaggio riguardante il patto parasociale occulto che aveva portato alla condanna del presidente della Lazio e di Mezzaroma, lo zio della moglie. Dice: bisogna aspettare la cassazione? Bene, il 4 luglio a Roma è andato in scena l’ultimo atto di un processo riguardante Lotito, ma ancora non si sa se si tratti del processo Lotito-Mezzaroma. Qualora fosse quello, e qualora la cassazione avesse confermato la condanna in secondo grado, a Lotito non resterebbe che modificare il testo delle Noif. Nel caso, farà così. Come ha fatto con l’articolo 22 bis, quello sulla multiproprietà delle società sportive. Lui infatti possiede sia la Lazio sia la Salernitana, grazie a una deroga che scadeva a dicembre e che è stata prorogata al 30 giugno. Bene, proprio lo scorso 4 luglio (giornata chiave, per Lotito), il consiglio federale ha stabilito che quell’articolo non vale per chi ha acquistato la sua “seconda società” quando il club che ha rilevato era nei dilettanti. L’unico caso praticamente è quello di Lotito, che ha preso la Salernitana quando era nei dilettanti. Peraltro, non contento, Lotito ha anche provato a prendere Sambenedettese e Campobasso. Facile intuire il motivo: salvare una società che sta per sparire significa fare un favore all’amministrazione locale. E quindi poter chiedere qualcosa in cambio. L’esempio del terreno edificabile ottenuto a Salerno è un bel precedente… Insomma, se la vicepresidenza federale gli interessava per cambiare le regole, l’obiettivo è stato raggiunto lo stesso. Superfluo ricordare la situazione in Lega, dove il presidente Beretta è soprannominato “dimmi Claudio” e dove, con la benedizione di Galliani, è riuscito a tenere fuori dal consiglio Inter, Juventus, Fiorentina e Roma.
LE REGOLE – Come s’è visto, gli interessano relativamente. E’ specialista di proroghe, deroghe e interpretazioni. Qualche esempio, forse più piccolo ma comunque indicativo, l’abbiamo avuto la passata stagione. Il derby di ritorno di campionato s’è giocato lunedì sera perché la Lazio aveva giocato giovedì in Europa League. Ma non s’era detto che per motivi di sicurezza non si poteva giocare di sera? La Roma ha dovuto giocare la partita di Coppa Italia contro la Fiorentina, pur avendo diritto a giocarla in casa, perché nello stesso turno, ma a una settimana di distanza, all’Olimpico giocava la Lazio. A proposito di Coppa Italia, di fronte a un’altra concomitanza, quella della semifinale di ritorno che si sarebbe dovuta giocare un giorno prima di Roma-Cagliari di campionato, la partita di ritorno della Roma con l’Inter è stata spostata dalla Lega (pochi giorni dopo il trionfo di Lotito nelle elezioni) a… quasi tre mesi dopo. Altra regola che a Lotito non interessa è quella della Figc in base alla quale possono essere tesserati dopo la chiusura del mercato solo gli svincolati che non abbiano giocato in questa stagione. Saha, invece, tesserato dopo la chiusura del mercato, aveva 11 presenze in Premier League. «Studiatevi le norme, prima di parlare» tuonò Lotito, appellandosi alle norme Fifa. Tant’è, Saha gioca nella Lazio. Il capolavoro finale è stato quello della Supercoppa. Lotito voleva andare a Pechino. La Juve no. Risultato? Si giocherà a Roma. Per la prima volta, quindi, in casa della squadra che ha vinto la Coppa Italia e non in casa di quella che ha vinto lo scudetto. «Roma è la sede naturale per la Supercoppa» ha detto Maurizio “dimmi Claudio” Beretta. In 23 anni è la prima volta che si gioca a Roma, a meno che una squadra di Roma non avesse vinto lo scudetto. Più «naturale» di così….
SENTENZE – D’accordo, come dice Lotito, Mauri sarà sicuramente innocente perché è andato in pellegrinaggio a Medjugorje con Floccari (e non si capisce cosa significhi, se invece fosse stato ateo sarebbe stato sospettabile?). Intanto bisognerebbe ricordare ai laziali che esultano che il loro capitano è stato condannato. Che è una cosa diversa da assolto. Omessa denuncia. Ci sarebbe da parlare anche del fatto che il telefono intestato a “Samantha Romano”, che lo stesso Mauri ha ammesso di avere usato per scommettere sulle partite della Nba, ha contattato più volte l’utenza di “Mister X”, il nome che gli investigatori di Cremona danno a uno dei due uomini che erano in grado di manipolare le partite di Serie A. Ma ciò che accade a Cremona riguarda l’aspetto penale della vicenda e ci sarà tempo per parlarne. L’assoluzione, in fondo, può anche arrivare da Medjugorje. In ogni caso, anche quando perde, fa passare la sconfitta come una vittoria. Ultimo esempio, il caso Zarate. Siccome la decisione finale spetterà alla Fifa, il calciatore si è svincolato. Ma Lotito lo perderà a zero euro, dovrà iscrivere a bilancio una minus-valenza di circa 5 milioni e vedrà andare in fumo tutti i soldi spesi per colui che si autodefiniva superiore a Totti: 23 milioni tra prestito e cartellino, 12 milioni di commissioni varie, 11 milioni d’ingaggio. Totale: 46 milioni.
ARBITRAGGI – Anche da questo si vede quanto Lotito sia diventato potente. E’ sempre stato così, d’altronde. “Sudditanza psicologica” è il termine più elegante per dire che spesso gli arbitri sanno “fiutare” dove tira il vento (o almeno dove tirava prima che Lotito litigasse con Nicchi). Per la Lazio tira fin dalla prima giornata, AtalantaLazio 0-1, l’azione del gol inizia con un fallo di mano di Mauri non fischiato. Al ritorno, LazioAtalanta 2-0, i biancocelesti sbloccano il risultato grazie a Floccari che controlla il pallone con la mano. Nessun fischio. Andiamo avanti in ordine sparso: Lazio-Parma 2-1: negato al Parma un rigore per fallo di Ciani su Biabiany, mancata espulsione di Biava che avrebbe meritato il secondo cartellino giallo, irregolare il gol dello stesso Biava, fallo di mano di Klose nell’area del Parma, ma nessun rigore. Lazio-Cagliari 2-1. Sullo 0-1 Klose viene lanciato in profondità, alza il pallone che va fuori, poi Agazzi lo travolge. Rigore, espulsione di Agazzi e, già che ci siamo, anche di Cossu, e il Cagliari, rimasto in 9, poi perde. Lazio-Siena 2-1, fallo di Biava su Calaiò in area, ammonito Calaiò per simulazione. Sullo 0- 0, contatto tra Milito e Biava, Ciani non controlla il pallone e senza volerlo serve Cassano solo davanti al portiere. L’arbitro però interrompe tutto, fischiando solo allora il contatto tra Biava e Milito. Nell’azione successiva, segna la Lazio. Ah, l’arbitro era Mazzoleni, designato per il derby di ritorno. Certo, la Lazio è stata anche sfavorita, ad esempio contro la Fiorentina e contro il Milan. Ma in quest’ultimo caso, Lotito non s’è lamentato. Mica si mette contro Galliani.
L’OSSESSIONE – Va bene che per uno che esultava ai gol di Totti al derby (ci sono le immagini su youtube), fare il presidente della Lazio deve essere un problema, ma ultimamente la Roma è diventata un chiodo fisso per Lotito. Forse vuole compiacere l’ambiente laziale, un tempo suo feroce contestatore, e dove invece oggi quasi tutti hanno fatto marcia indietro. Perfino Guido De Angelis gli ha consegnato il premio “Lazialità”. Segno che evidentemente si sta finalmente adeguando al mondo laziale, che ha la Roma come primo pensiero al punto che il primo coro che parte quando segna la Lazio all’Olimpico, in ogni partita, è: “Chi non salta è della Roma”. Guardate con quanta frequenza Lotito ha parlato della Roma nell’ultimo anno. Ad aprile 2012, quando Baldini si limitò a dire che non era il caso di polemizzare sulla data del recupero della giornata di campionato spostata per la morte di Morosini, rispose subito: «Decidono i presidenti, non i funzionari di passaggio».
Naturalmente voleva che si giocasse quando diceva lui. Poi la stagione inizia con l’idea di scrivere “prima squadra della capitale” sulle maglie e con la foto al Colosseo. Quel giorno, ecco Lotito: «Il simbolo originario dell’altra squadra non era quello della lupa di Romolo e Remo, era una lupa ben diversa». Poco dopo, il 16 settembre: «Siamo la prima squadra della capitale, la Roma ha come simbolo la Lupa, noi il Colosseo». Una settimana dopo, si schiera prontamente a favore di Cellino, che per la vicenda dello stadio Is Arenas è finito in carcere, sulla vicenda dello 0- 3 a tavolino assegnato alla Roma senza che la società giallorossa presentasse ricorso. «Bisogna vincere sul campo» dichiara Lotito, non si sa bene a quale titolo, aggiungendo che «io non l’avrei fatto». Lo stesso che si lamentò del laser negli occhi di Muslera al derby e che dopo Udinese-Lazio del 29 aprile 2012 aveva chiesto la vittoria a tavolino perché al momento del secondo gol dell’Udinese era partito un fischio dalle tribune che aveva distratto i giocatori della Lazio (che dovevano essere già abbastanza distratti di loro, se non sanno distinguere da dove provenga un fischio). Arrivamo a novembre e si avvicina il derby. L’8, Lotito dichiara: «Io ci metto la faccia, nella Roma non si capisce chi sia l’interlocutore». Poi interviene a Lazio Style Radio e, parlando di Roma Channel, la definisce «la tv di topolino e paperino».
Lazio Style, appunto. Il derby lo vince, gli chiedono un parere sull’accoletellamento di due tifosi romanisti e lui risponde: «Non sono cose che riguardano i sostenitori della Lazio». Si saranno accoltellati da soli. Passata la sbornia-derby, Lotito torna alla carica il 30 dicembre, mentre la Roma presenta il progetto dello stadio negli Stati Uniti, lui a Radio Radio dichiara: «A me non interessa. Noi della Lazio non viviamo alla giornata, noi facciamo programmazione seria». Il 9 gennaio si festeggia il compleanno della società podistica Lazio: «Siamo la prima squadra della capitale. Hanno provato a mettersi contro la Lazio, lo hanno fatto nel 1927 e non ci sono riusciti. Nessuno si metta contro questi colori». Per carità, chi glieli tocca. Gennaio è un mese prolifico. Il 26, ancora: «Noi abbiamo gli atleti, gli altri Disneyland e i pupazzi» chiaro riferimento alle foto della Roma a Disneyland durante la tournée in America a Capodanno. «Non mi riferivo alla Roma» dichiara qualche giorno dopo. E a chi, agli Orlando Magic? L’ultima è recente, la settimana scorsa: «Non dobbiamo pensare al derby. La Roma è una delle squadre della capitale, è nata 27 anni dopo di noi e si trova in una condizione diversa». Per fortuna. Per ciò che accadde il 22 luglio 1927 veramente non c’è rivincita.