(M.Evangelisti) – Non è neppure una Roma corta. E’ una Roma abbastanza lunga da costringere Rudi Garcia a utilizzare matite di più di un colore sulla sua bacheca portatile quando prende appunti e traccia traiettorie. Del resto lo pagano abbastanza bene anche per questo: per scegliere. Dice Jedvaj che l’allenatore quando parla con i giocatori sembra quasi un amico. Bambino e uomo di mondo, il croato: sa bene che tra comandante e truppa non potrà mai esserci vera amicizia. Verrà il momento delle selezioni. Peraltro sembra già molto vicino e forse anche già cominciato. La Roma di quest’anno, se nell’ultima fase di campagna trasferimenti non ci saranno sgradite sorprese, sarà costretta a tenere fermi di volta in volta giocatori che non vorrebbero e che non dovrebbero andare in panchina. Dice che a qualsiasi tecnico piacerebbe avere questi problemi. Non è vero, a qualsiasi tecnico piacerebbe avere undici calciatori, sempre quelli, con cui instaurare un vero dialogo e che non si stanchino mai, non abbiano mai dubbi, non si guastino mai. (…)
Con l’arrivo di Gervinho, Erik Lamela da incedibile potrebbe anche diventare pleonastico. In realtà Garcia cercherà di farli giocare entrambi. Probabile che non ci riesca sempre e neppure sovente, specialmente quando Mattia Destro uscirà dalla prigione fisica e psicologica in cui lo ha relegato l’infortunio al ginocchio. Con Totti al centro dell’attacco oppure trequartista nel 4-2-3-1 con Osvaldo (Borriello) davanti, i due sarebbero potenzialmente compatibili, al prezzo dell’inesorabile sbilanciamento in avanti della formazione. Con una vera prima punta il 4-3-3 diventerebbe fatalmente eccessivo e comunque non si vede dove troverebbe spazio l’irrinunciabile San Francesco. Gervinho è il giocatore e il personaggio che Garcia ha voluto, l’unico arrivato tra quelli che aveva chiamato per nome. Lamela in questo momento non ha né la forma né la sicurezza per respingere l’assalto. A suo agio con i movimenti di Zeman, si è irresistibilmente accartocciato quando la squadra è stata chiamata a una maggiore attenzione in copertura. (…)
A poco a poco il lazzaretto si svuota, l’epidemia si allontana, la gente guarisce. Sembrava fatto apposta: i nuovi acquisti della Roma sono tutti chi più chi meno convalescenti da infortuni non banali. Maicon per esempio ha dovuto aspettare quasi un mese prima di toccare il primo pallone in giallorosso, durante un allenamento poi. Adesso però che il brasiliano si sta gradualmente inserendo a pieno titolo nel gruppo, è lecito pensare che sulla fascia destra avrà sempre più spazio e sempre più minuti a spese dell’unica alternativa credibile, cioè Vasilis Torosidis. Anche se questi ha 28 anni e Maicon ormai 32. Il brasiliano è stato preso per aumentare il tasso di flessibilità da quella parte. Torosidis è un buon giocatore specialmente quando si inserisce in avanti, ma esibirsi in entrambe le cose, scendere e difendere, gli costa fatica. Garcia ha cominciato a farglielo notare sin dalla prima amichevole seria, quella con l’Aris Salonicco.(…)
Su Miralem Pjanic stanno planando in molti, approfittando dei pianti da parte della Roma sul bilancio traforato e sull’apparente sovrabbondanza di materiale che il centrocampo di Garcia propone. In realtà il tecnico ha ogni intenzione di valorizzare, appieno e finalmente, il 23enne bosniaco. Lo sta utilizzando nel suo ruolo favorito, da regista, con tutti i distinguo che questo termine si porta sulle spalle nella girandola organizzata dal francese. Avendo in formazione due spalatori di qualità come De Rossi e Strootman si può tranquillamente pensare che a Pjanic vengano riservati compiti più creativi del consueto. D’altra parte Michael Bradley lo scorso anno ha regalato ai tifosi l’univa vera sorpresa lieta della stagione.(…)
Da vuota che era, la fascia sinistra adesso raccoglie un traffico da tangenziale. Federico Balzaretti ha risolto i problemi fisici e si trova a meraviglia nel gioco frenetico di Garcia. Dodò è in crescita veloce, Marquinho se non va all’Inter è un candidato prestigioso. Volendo, persino Torosidis sa adattarsi da quella parte. Balzaretti annusa il momento giusto per scendere, è veloce e decide in pochi istanti se sia il caso di scambiare con un compagno in appoggio oppure tentare di saltare l’uomo. Dodò, 21 anni, ne ha appena dieci di meno del collega e sa a sua volta fare tutte queste cose, magari altre ancora. Balzaretti sinora è stato avvantaggiato da un’efficacia enormemente superiore in fase difensiva. Ma dopo un anno di campionato italiano, anche se passato essenzialmente a guardare in preda a un oscuro mal di gambe, Dodò ha imparato qualcosa. Anche più di qualcosa. (…)