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CORRIERE DELLO SPORT Toronto, la città delle sconfitte

Toronto FC

(M. Evangelisti) – E’ una trappola. I sobborghi della città, Chinatown, il quartiere del mercato Kensington con le strade cosparse di immondizia e i marciapiedi illuminati da vere opere d’arte dipinte sulle serrande o depositate sul ciglio della carreggiata, tipo la carrozzeria di un’automobile colorata e riempita di arbusti in vaso, improvvisamente si alzano in una distesa di grattacieli, fitta come i denti di una spazzola. A Florenzi e a Dodò, Toronto piace molto: a prima vista la trovano divertente. Possono anche aver ragione, finché si trova l’uscita. I palazzi ti crescono intorno. Sul serio: ne stanno costruendo 25 alti oltre i cento metri. Negli ultimi cinque anni sono sorti 180 grattacieli.

(…) Si fatica a riempire lo stadio da 24.000 posti per la partita di oggi. Sarà per i prezzi elevati. In Canada non ti regalano niente. O forse è il destino di questa città frenetica, troppo vicina per distanza e costumi a quelle dei fratellastri statunitensi per non assorbirne le consuetudini e unirle a una certa rigidità da gente di confine.

I soldi qui sembrano galleggiare nell’aria. Non è un caso se ogni volta che una grande lega americana, dal basket al baseball, ha un posto libero chiede a Toronto se voglia accomodarsi. E’ esistito un Berlusconi locale, che però non si è mai mischiato con la politica: Ted Rogers, imperatore della comunicazione, scomparso pochi anni fa. In eredità ha lasciato l’azienda e uno stadio che portano il suo nome. Più un’alleanza con la Bell, altro colosso. Insieme le due ditte hanno rilevato l’intero sport della città o quasi: il Toronto FC che oggi incontra la Roma, i Maple Leafs di hockey su ghiaccio, i Raptors del basket, i Blue Jays di baseball. Sono squadre che colmano regolarmente i propri impianti, compreso l’Air Canada Center scelto da Madonna come luogo di una storica esibizione. E nello stesso tempo combinano poco, almeno questo è il parere di una popolazione piuttosto snob. I Maple Leafs non vincono la Stanley Cup dal 1967 e per un team canadese è uno scorno. I Jays sono diventati campioni del mondo – abbiate comprensione per l’enfasi che gli americani aggiungono ai loro campionati di casa – nel 1992 e nel 1993, dopodiché non si sono più qualificati per i play off. I Raptors ci sono entrati una volta dalla loro fondazione avvenuta nel 1995. Andrea Bargnani se n’è andato, così come se n’è andato Aaron Winter, l’olandese che è stato quattro anni alla Lazio e tre all’Inter a giocare prima di diventare tecnico e prendersi la briga di dirigere l’FC.  «Funziona in questo modo. Gli allenatori combinano disastri e alla proprietà non interessa. Nessuno li manda via», racconta Giorgio Mitolo, reporter del telegiornale in lingua italiana Omni News.

Il paradosso della città in cui tutti coloro che ne hanno la forza corrono, chi può permetterselo va allo stadio e chi è abbastanza stanco della propria sanità mentale paga 175 dollari per farsi appendere per i piedi alla sommità della CN Tower a 500 metri di altezza sta in questo sport vissuto ma non sofferto. Come se vincere alla partita della finanza e dell’industria fosse abbastanza. (…)

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