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IL ROMANISTA Il sogno di Ferguson, l’incubo loro

Ljajic

(D. Giannini) – Lasciando Firenze, Adem Ljajic si porta dietro la fama di giocatore dal carattere non facile. Vero? Forse. Oppure no, visto che in realtà la sua nomea è relativa a fatti accaduti tutti in un numero ristrettissimo di giorni. Quelli del maggio del 2012. Il primo, noto a tutti, è la zuffa in panchina con l’allora tecnico della Fiorentina Delio Rossi. Era il 4 maggio, al Franchi i viola erano sotto di due gol contro il Novara e il tecnico dopo 32 minuti del primo tempo sostituisce il giocatore serbo che va in panchina e mostra sarcasticamente il pollice all’insù all’allenatore. Se ci sia stato anche qualche scambio di battute non si è mai capito, quello che è certa è la reazione smisurata di Delio Rossi che si avventa su di lui. Prima una mano in faccia, poi, mentre cercano di trattenerlo, un’altra manata. Il tutto in diretta tv.

I Della Valle non possono lasciar correre la cosa e il tecnico viene esonerato. Per Ljajic, che subito dopo il fatto viene preso di mira dai tifosi, il campionato finisce lì e arriva anche una multa. Qualche settimana dopo ancora un caso che lo riguarda. Stavolta non a Firenze, ma in Svizzera, a San Gallo, dove è in programma l’amichevole tra la Serbia e la Spagna. Il ctMihajlovic lo convoca, ma al momento degli inni nazionali Adem non canta quello serbo. Il motivo? I giornali di quei giorni dicono che lui avrebbe spiegato che si trattava semplicemente di “ragioni personali” senza fornire ulteriori precisazioni. Anche se in molti avevano ricordato le sue origini del Sangiaccato, al confine con il Kosovo, una regione a maggioranza musulmana, con la popolazione che a più riprese si era mostrata critica nei confronti del centralismo di Belgrado.

Non è dato sapere se il motivo fosse riconducibile a questo o ad altro, di certo c’è che Mihajlovic lo allontanò dalla nazionale sulla base di un codice di comportamento che il ct aveva fatto firmare a tutti i giocatori. «Cantare l’inno nazionale della Serbia prima di un incontro è uno dei punti di tale codice che Ljajic, con la sua firma, ha accettato», aveva detto in seguito la Federcalcio serba. Il padre smorzò le polemiche spiegando che mezz’ora prima della partita con la Spagna il figlio lo aveva chiamato al telefono per chiedergli un consiglio su cosa fare con l’inno serbo, del quale non conosceva le parole. «Gli ho consigliato di tenere la testa il più possibile abbassata affinchè non si vedesse che cantava -spiegò papà Ljajic -. Ma il risultato è stato quello che conoscete. Mio figlio ha vent’anni e l’unico suo desiderio è di giocare al calcio». E giocando a calcio Adem ha in seguito ampiamente cancellato i due episodi controversi. Grandi prestazioni, soprattutto nella scorsa stagione. Che lo ha fatto tornare ad essere il talento ammirato da mezza Europa solo qualche anno fa. E’ il 2009 e su Adem mette gli occhi niente meno che il Manchester United di Sir Alex Ferguson. Non solo lui, a dire il vero, ma anche il suo ex compagno Zoran Tosic. I Red Devils sono pronti a mettere sul piatto la bellezza di 17 milioni di sterline per averli entrambi.

Ma mentre Tosic arriva subito all’Old Trafford (dove non ha lasciato traccia andando prima in prestito al Colonia e poi definitivamente ceduto al Cska Mosca), Ljajic viene parcheggiato per qualche altro mese, fino a gennaio 2010, al Partizan di Belgrado, la squadra nella quale è cresciuto, almeno fino al reggiungimento della maggiore età. Adem nei mesi successivi viene seguito passo dopo passo, ma a dicembre il Manchester, anche a causa di problemi per il permesso di soggiorno, decide di lasciar cadere l’opzione su di lui. In quei giorni arrivarono le parole del ds del Partizan, l’ex romanistaIvan Tomic«Credo che si pentiranno in futuro di questa decisione. Si sono fatti sfuggire un giocatore eccellente, giovane e dal grande potenziale». Il suo agente parlò anche di uno “shock psicologico” accusato da Ljajic per il mancato trasferimento. Fu in quel momento che si inserì Pantaleo Corvino che portò Ljajic a Firenze togliendolo al Partizan dove era arrivato all’età di 14 anni. Nato a Novi Pazar il 29 settembre 1991, Adem mette da subito in mostra la sua classe cristallina. Il 29 luglio del 2008, a soli 17 anni, debutta in Champions League col Partizan col quale vince 2 titoli nazionali e la coppa di Serbia.

Il 15 gennaio 2010 il trasferimento alla Fiorentina per 6,5 milioni di euro. In viola prende il numero 22, quello di Kaká, il suo idolo al quale è stato spesso paragonato da giovanissimo. Il 31 gennaio, a 18 anni, l’esordio in Serie A. Per il primo gol bisogna aspettare il campionato successivo. Il 18 settembre 2010 Ljajic dimostra di essere non solo un predestinato del calcio, ma un predestinato per la Roma. Perché la sua prima rete italiana la segna alla Lazio. La prima, non l’unica, perché l’anno scorso ha fatto di meglio segnando ai biancocelesti sia all’andata sia al ritorno. Basterebbe questo per portarlo in giallorosso. Ma Ljajic non è solo questo. E’ un talento riconosciuto, inserito da Don Balon tra i 100 migliori giovani giocatori al mondo. Che può voler dire poco, perché in tanti si perdono. Lui no, lui lo scorso anno ha dimostrato di essere maturato: 28 presenze, 11 gol, 6 assist. E forse aveva ragione Tomic, forse al Manchester si pentiranno di esserselo fatto sfuggire

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