(M.Evangelisti) E così ci teniamo l’Arruffapopolo, quello che in panchina arringava i giocatori scontenti della Roma, e ce n’erano tanti in quel misero 2011, fingendo di consolarli:«Sto fuori pure io, che ho segnato 25.000 gol». In realtà a 25.000 gol Marco Borriello non si è mai avvicinato in carriera sua, neppure togliendo quei tre zeri finali che hanno il ruolo di paradosso. Al massimo 19 in campionato, con il Genoa che resta la squadra nella quale ha dato la maggior parte di se stesso, il vertice delle sue abilità fatte soprattutto di presenza fisica, ampiezza di campo occupato con la pura e semplice vastità di apertura alare, furore in elevazione. Un’aquila negli spazi aerei, uno struzzo difficilmente arrestabile quando poggia a terra. (…)
RISVEGLI – Non è il massimo uno come Borriello per un gioco a girandola come quello del francese. Lui da centravanti vorrebbe stare più o meno fermo al centro e in avanti, come dice il nome. Tenere palla, far arrampicare la squadra fino alla trequarti, quindi cominciare a giocare. E’ così che il nostro Marco, anzi il loro Marco, quello della Roma che tale è rimasto con tutto il suo pesante ingaggio da quasi 4 milioni netti a stagione fino al 2015 tutto compreso, ha costruito la sua non secondaria fama di attaccante solido e saldo. Troppo saldo, per Garcia. Allora lui si è messo d’impegno per costringere l’allenatore della Roma a ripensarci. Ha preso a correre per il campo. A scendere lungo le fasce, a coprire le avanzate dei centrocampisti, a dettare i passaggi che in altre squadre magari vanno per conto loro ma alla Roma sono firmati Totti e dunque non sai mai in quali libere zone dell’area possano teletrasportarti. Che cosa resta alla Roma? Tenersi Borriello risvegliato dalle grida ininterrotte di Morgan De Sanctis, portiere avvezzo a insegnare il mestiere a tutti i compagni. (…)
CAMBIARE – Deve tenere il posto caldo a Mattia Destro, in fondo. In campo oppure in panchina, dato che per adesso a Garcia va l’acqua per l’orto con il terzetto rotante Gervinho e Ljajic e Totti in stretto ordine alfabetico. Poi c’è sempre Florenzi il mutante, attaccante aggiunto in questa fase della sua esistenza di nomade del campo. Marco Borriello è costretto ad agitarsi in tale ambiente non diciamo ostile ma difficile sì. Lo sarebbe per chiunque una squadra in cui Totti si prende il ruolo che desidera per sovrabbondanza di classe e i tanti altri si dividono il resto. Lui però la sta vivendo come un’avventura in fin dei conti speciale, qualcosa che va a completare una vita in cui quasi nulla è mancato, del peggio e del buono. Un padre sparito per colpa della Camorra, una polemica con lo scrittore più famoso tra quelli che hannno denunciato gli imperi della malavita, un fratello calciatore da reality show con poche chance ulteriori di fare strada, compagne spettacolari come Belen e altre luci della ribalta, capelli distribuiti in pose sempre diverse e interessanti. (…)