(M. Ferretti) – Era una notte di puro batticuore. E di dolci riflessioni con il sorriso puntato verso il futuro. Era la notte dell’esordio, quello vero, quello sognato fin da bambino con l’Italia. L’Italia vera, non più Under da 0 a 21 come gli era capitato fino a poche settimane prima. Era una calda notte palermitana, 4 settembre sul calendario di nove anni fa. La spiaggia di Mondello ricoperta di turisti fino al calar del sole, stadio Barbera vestito a festa per l’arrivo della squadra di Marcello Lippi. Quella notte, Daniele De Rossi, 21 anni e già mille elogi sulle spalle, cominciò la sua storia d’amore con la Nazionale.
RITORNO AL FUTURO – E la cominciò alla sua maniera, cioè da protagonista assoluto. La Norvegia dall’altra parte del campo, gol del futuro romanista Carew e, bello come il sole di Ostia, il pareggio di DDR prima della rete della vittoria di Toni. Titoloni sui giornali, paragoni tanto impegnativi quanto destinati a esser spazzati via, due anni dopo a Berlino, dall’urlo da campione del mondo. Da quella sera sotto il monte Pellegrino, De Rossi ha collezionato altre 90 presenze e segnato altri 14 gol. Al punto che, da tempo, Daniele è il romanista più azzurro di tutti i tempi e anche il miglior cannoniere giallorosso con la maglia della Nazionale.
DI NUOVO ALLA FAVORITA – Nove anni e un pò di ore dopo, De Rossi sarà di nuovo sul prato della Favorita: il ragazzino è diventato uomo, l’esordiente ha lasciato il posto al veterano ma, oggi come ieri, Daniele continua ad essere un punto fermo dell’Italia. Lo hanno etichettato indispensabile, non a torto. E se lo è stato quando con la Roma non ne indovinava una, figuriamoci quanto lo sia adesso che con la lupa sul petto è tornato a sorridere e a far sorridere i tifosi come lui. C’è da battere la Bulgaria, c’è da avvicinarsi ancor più al Brasile e Daniele, due prestazioni chic nelle prime due di campionato, è pronto a dare il suo contributo. Cesare Prandelli, che come Lippi non ne ha mai fatto a meno (salvo esser costretto a censurarlo in nome del codice etico), sa che con DDR ha a disposizione due giocatori, un centrocampista e un difensore, e per questo non ha ancora abbandonato l’idea di piazzarlo al centro della difesa davanti a Buffon, come accaduto alla vigilia di Ferragosto contro l’Argentina.
UNICI SUPERSTITI – A proposito: Buffon e Gilardino, esordiente in azzurro anche lui quel 4 settembre, sono gli unici superstiti dell’Italia che nove anni fa qui a Palermo grazie anche al ventunenne De Rossi stese la Norvegia di Riise. Gli altri otto sono spariti: c’è chi ha smesso, chi fa l’allenatore e chi da una vita non frequenta più il Clan Italia. De Rossi è ancora lì, invece. A pienissimo titolo. Un centrocampista che, con l’amico Pirlo al fianco, in Nazionale raramente ha toppato una partita. Ecco perché, visto anche come sta in questo periodo sotto l’aspetto psico-atletico, stasera sarebbe opportuno non chiedergli di cambiare ruolo e continuare a proporlo dove ha giocato, e alla grandissima, con Rudi Garcia in panchina.