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IL ROMANISTA Nela & Co., il denaro viene dopo

Damiano Tommasi

(M. Izzi) -“Money makes the world go round”, recitava il refrain di una canzone di successo di Liza Minnelli e se non si parte da questo e dall’importanza che in ogni epoca ha sempre avuto il compenso per i calciatori professionisti, non si possono mettere in rilievo i gesti distensivi compiuti da alcuni atleti della storia romanista a cui si è aggiunto negli ultimi giorni, Marco Borriello. Dopo aver premesso che con i compensi di oggi (sempre puntuali e garantiti da un Club che da questo punto di vista è inattaccabile) c’è sicuramente più serenità e direi buon senso, nel compiere queste scelte, ci sembra giusto evidenziare come anche nel passato (quando le tutele non erano le stesse), i tesserati della Roma hanno più volte dimostrato, con i fatti, il proprio attaccamento ai colori sociali.

Partiamo dal settembre 1934, Fulvio Bernardini e Renato Bodini sono in grave attrito con la dirigenza giallorossa dell’epoca. Fulvio lamenta il mancato rispetto di alcune promesse di adeguamento contrattuale, Bodini rimprovera al club la mancata luce verde per passare all’Ambrosiana. Mentre il difensore verrà convinto a rientrare nei ranghi dalla promessa di essere lasciato libero nella stagione successiva, per ricondurre all’ovile Fulvio, verrà imbastita una spedizione a Siena, dove il fuoriclasse si era ritirato ospite della sorella. Dalla capitale partirono il direttore SportivoVincenzo Biancone e Rivolta, capo tifoso del rione Prati, amico di vecchia data di Bernardini. Il 30 settembre la Roma, priva di Fulvio, aveva debuttato perdendo per 4-1 contro la Fiorentina. Al capitano venne detto né più, né meno, che c’era bisogno di lui. Fulvio accettò di rientrare contro il Brescia, il 7 ottobre, guidò la riscossa romanista, giocando senza contratto… Avanziamo verso la fine dell’estate del 1964. La Roma è in lotta per la conquista della Coppa Italia ma ci sono gravissimi problemi di bilancio. La situazione, che degenererà fino alla tristissima colletta del Sistina, determina malumori crescenti, tanto che il 25 novembre, contro lo Zagabria, in Coppa delle Fiere, la squadra si era rifiutata, per protesta, di andare in ritiro. Infine, alla vigilia della gara contro la Juventus, prevista per il 20 dicembre (la situazione nella Lazio era la stessa, con medesima minaccia di sciopero, solo che delle vicende biancocelesti terminato il diritto di cronaca si perse memoria) Schnellinger e altri calciatori della Roma avevano dichiarato di non volerne sapere di scendere in campo, reclamano gli stipendi arretrati che ammontavano a 50 milioni di lire.

Del resto, cinque di loro devono ricevere ancora delle rate degli ingaggi della stagione precedente e nessuno aveva ricevuto il saldo dei premi fin lì maturati (compreso quello per la vittoria della Coppa Italia). Prese allora in mano la situazione Giacomo Losi che ottenne l’impegno dei compagni a giocare, in cambio del suo fattivo impegno a mediare con la Società (nella persona del segretario, il dottor Valentini) e la Lega Calcio (presso la quale la Roma vantava crediti). Il capitano riuscirà a risolvere la questione e il 20 dicembre la Roma pareggerà per 1-1 contro la Juventus allo stadio Olimpico. Passiamo alla fine degli anni 70 primi anni 80. Viola, come era nell’uso dell’epoca, affrontava personalmente la questione degli ingaggi. Tutt’altro che impegno di facile risoluzione, tanto che non mancarono calciatori che arrivarono sino all’inizio del campionato senza aver firmato. Spassoso, da questo punto di vista, il racconto che fa Carlo Ancelotti del primo summit con il presidente avvenuto a Brunico. Il giovanotto chiese 100 milioni. Viola, imperterrito, rispose:”Lei è un pazzo”. Dopodiché tre settimane di silenzio assoluto finché, alla vigilia dell’inizio degli impegni agonistici ufficiali, il presidente si rifece vivo: “Ancelotti ha cambiato idea?”. “Beh, sì, qualcosina”. L’affare venne chiuso a ventiquattro milioni… In tutto questo non furono in pochi a firmare il contratto in bianco (lo stesso Ancelotti, nel 1984 e più volte, Sebino Nela, vale a dire due autentici fuoriclasse).

Non da meno il gesto di Omari Tetradze, nazionale russo, che, martoriato da gravi infortuni durante la sua militanza nella Roma, nella primavera del 1999, con un gesto straordinario, chiese la rescissione del contratto, non potendolo più onorare sul campo e non volendo pesare sul bilancio della Società. Più recente e ugualmente indimenticabile, il gesto di Damiano Tommasi che disputò la stagione 2005/06 al minimo sindacale (1500 euro) provenendo da un infortunio molto grave: «Il fatto di ritornare a giocare in una città diversa da Roma, con un’altra maglia – ha detto Damiano – non avrebbe prodotto in me la stessa emozione, la stessa intensità che ho provato ritornando in campo contro la Fiorentina (27 novembre 2005 ndr)».

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