(G. Toti) – Idee un po’ più chiare dopo il derby. La Roma non è un fuoco di paglia, questo è il dato più rilevante dopo il 2-0 di ieri. Non sappiamo dove potrà arrivare ma quella di Garcia è una squadra vera e solida. Una squadra importante, diversa – e molto – rispetto alle ultime due stagioni. La Roma è prima a punteggio pieno dopo quattro turni e non è affatto un caso.
Una difesa di ferro, dieci gol messi a segno tutti nel corso dei secondi tempi, un gruppo che attraverso gli innesti di vecchi marpioni come De Sanctis, Benatia e Maicon, gli inserimenti di talenti del calibro di Strootman e Ljajic, la rinascita di De Rossi e l’eterna giovinezza di Totti ha guadagnato pesantemente in esperienza, maturità e carattere. In più, elemento fondamentale, c’è il lavoro di Rudi Garcia, allenatore straniero al debutto nel nostro campionato e in una piazza quasi impossibile come quella romana. Accolto con enorme diffidenza e tantissimi dubbi, Garcia in poco tempo ha saputo trasformare la Roma, facendola tornare una squadra con un’anima e un’identità precise. Modulo di gioco chiaro, rispetto dei ruoli, grande capacità di tenere uniti e di motivare i giocatori: i meriti del tecnico franco-spagnolo sono davvero molti, e assumono un peso ancor più rilevante dopo i disastri di Luis Enrique e di Zdenek Zeman, abile soprattutto, quest’ultimo, a spaccare lo spogliatoio nella stagione passata.
La Lazio, in un certo senso, ieri aveva tutto contro. A cominciare dai numeri. Imbattuta da due anni e mezzo e da cinque derby (quattro vinti, di cui tre di campionato più la famosa finale di Coppa Italia, e uno pareggiato), la squadra ha pagato – giustamente – il conto a una legge antica quanto inesorabile. E però ha pagato pure una sorta di ubriacatura che sembra non avere ancora superato – passati quattro mesi dal trionfo del 26 maggio -, la stanchezza per l’impegno di Europa League sostenuto giovedì scorso e, più di ogni altra cosa, il logorio di un gruppo che ha già dato il meglio di sé. Per Petkovic quest’anno sarà dura.