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CORRIERE DELLA SERA La Roma è bella e spietata. Con il Bologna non c’è partita

Giocatori esultano

(L. Valdiserri) – Come dice Rudi Garcia ci vogliono almeno dieci partite per fare un bilancio, frase che trova ancora più valore nel calendario che attende la Roma: Inter a San Siro, Napoli non si sa ancora dove (ma prende forza l’ipotesi dell’inversione di campo, cioè al San Paolo) e Udinese al Friuli. Una in fila all’altra. Però un fatto è sotto gli occhi di tutti: chi punta in alto, quest’anno, dovrà fare i conti anche e soprattutto con la Roma. I numeri parlano chiaro: sei vittorie su sei partite, diciassette gol segnati e uno solo subito, primo posto recuperato davanti a Napoli e Juventus senza alcuno sforzo apparente. Nella marcia della squadra di Rudi Garcia, però, c’è qualcosa di più della semplice aritmetica. C’è una voglia di fare calcio bello e insieme redditizio. C’è un gruppo che si cementa ogni giorno che passa: chi c’era nella scorsa tragica stagione ha un motivo in più per essere felice, chi non c’era stenta a credere che questi compagni abbiano patito le pene dell’inferno. C’è la fame di risultato che fa sì che Ljajic entri a partita decisa e trovi comunque il modo di festeggiare il suo compleanno con un gol bellissimo: uno «scavetto» tottiano a superare il malcapitato Curci. I giallorossi ci mettono 8’ a far cadere l’ultimo tabù (il gol nel primo tempo, ci pensa Florenzi con un tap-in), 17’ per far entrare definitivamente Gervinho nel cuore dei tifosi e 25’ per ribadire che Benatia è il difensore più dominante che sia passato da queste parti dai tempi di Walter Samuel. È ancora Gervinho, con un’azione alla Bolt, a mettere in ghiaccio il match, appena passato il quarto d’ora della ripresa, e Ljajic a chiuderlo con il regalo che si fa da solo per i suoi 22 anni. Non c’è stata partita. Troppa la superiorità tecnica, ma anche quella tattica. Pioli, che aveva messo in grande difficoltà il Milan, è stato invece messo nel sacco da Garcia. Il tecnico del Bologna ha recuperato Diamanti, che era stato colpito dall’influenza nei giorni scorsi, e lo ha messo dietro a Cristaldo, da vero e proprio trequartista. Non solo Diamanti ha fatto poco in fase offensiva ma soprattutto è stato di carta velina nella marcatura di De Rossi, che è stato sempre libero di impostare a piacimento. E se Laxalt ha provato a contrastare Torosidis, sostituto dell’infortunato Maicon, Kone non ha mai bloccato Florenzi e ancor meno ha aiutato il povero Garics alle prese con l’esplosivo Gervinho. La serataccia di Curci — indeciso sulla punizione di Pjanic che ha innescato l’1-0 e sciagurato nel regalare il corner da cui è nato il 3-0—ha fatto il resto. La ripresa, sotto il diluvio, si è giocata perché nel calcio non esiste, come nel pugilato, il k.o. tecnico. Garcia ha potuto giocarsi anche tre sostituzioni per dare qualche minuto di riposo a Strootman, Gervinho e Florenzi. Ha tenuto in campo fino al 90’, invece, Totti che cercava il gol. Un’altra prova di fine psicologia. Un’altra prova che questa Roma ha una sua forza intrinseca, che la porta a giocare grandi partite anche quando il suo campione ne gioca una solo «normale». Sabato prossimo, a San Siro, contro l’Inter, ci sarà la sfida tra le due squadre che quattro mesi fa sembravano un cumulo di macerie e adesso corrono come treni. Ma la Roma con quattro punti in più. E non è un dettaglio da poco.

 

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