(M. Evangelisti) Un gol incassato in sei partite fanno sei gol e un pezzetto in tutto un campionato. Morgan De Sanctis è esonerato dall’obbligo di toccare legno. Neppure lui s’illude di mantenere la media ancora a lungo. Si troverà sotto gli occhi sgranati altri pericoli e altri attaccanti, né arriverà sempre a salvarlo la massa monolitica di Strootman comparso sulla linea di porta.
ROCCIA – La Roma a cui per prima cosa il sergente Garcia ha provveduto a saldare le crepe della difesa sinora non si è affidata poi troppo al suo portiere, del quale si sono contate fino a questo momento quattro parate autentiche a stare stretti, dieci a elencarle proprio tutte. Seppure facciamo una a partita, è assai meno della percentuale di gol incassati nella carriera. Che è stata lunga e tortuosa e piena di impegni e povera di riposo, a partire dal 2002 quando De Sanctis ha cominciato a essere numero uno delle sue squadre di Serie A, nell’Udinese. Si è svincolato a forza cinque anni dopo per piombare sulla panchina del Siviglia, dalla quale si è rialzato per andare prima al Galatasaray e poi al Napoli. E’ stato solo allora, passati i 32 anni, che De Sanctis è diventato la roccia inamovibile che era a Napoli, come avesse fame del tempo da recuperare, uomo dal sistema immunitario mutante, con due campionati di seguito senza neppure un’assenza e una nel terzo e quattro nel quarto. (…)
PAROLE – Forse neppure l’ultima. Ma spaziosa di sicuro, priva di insidie immediate per il suo posto di titolare, con un sedile nel consiglio dei saggi che Garcia ha selezionato nella rosa della Roma, diritto di tribuna durante gli allenamenti e anche in partita. Solo che i discorsi fluviali di De Sanctis sui campi di Trigoria si sentono bene mentre nel frastuono degli stadi, semivuoti eppure rumorosi, spesso si spengono al limite dell’area piccola. Una macchina da parole, lo ha definito il presidente giallorosso James Pallotta. E poi gli ha segnato un rigore, al quarto tentativo. Macchina da parole, non da chiacchiere. De Sanctis è uno che può anche scegliere il miglior offerente, però gli si vende anima e corpo. «Io urlo perché nessun portiere fa il suo lavoro da solo. La difesa parte dall’attacco» . Questa è la sua idea del ruolo. Quella del direttore sportivo Walter Sabatini era ingaggiare un uomo in grado di digerire una papera di fronte a sessantamila persone. Il pirata Morgan è capace di farlo.(…)