(A. Schianchi) – Le sette vittorie consecutive della Roma sono figlie di un’antica regola del calcio, purtroppo spesso dimenticata: il centrocampo è il cuore della squadra, lì devono stare i giocatori con i piedi più dolci, quelli che sanno lanciare e tocchettare, mica i «cavalloni» che sono capaci soltanto di andare avanti e indietro ma non hanno tecnica né idee. Rudi Garcia ha disegnato un reparto che, per lo standard della Serie A del Terzo Millennio, è perlomeno anomalo: tre registi in un colpo solo. Sì, perché De Rossi, Pjanic e Strootman, se giocassero in tre squadre diverse, avrebbero la bacchetta del comando tra le mani. Qui si adattano: il primo (De Rossi) sta davanti alla difesa, si occupa del lavoro di interdizione e spesso si va ad aggiungere alla retroguardia; il secondo (Pjanic) si colloca sul centrodestra, classica posizione da mezzala, e lì pennella e cuce con rara maestria; il terzo (Strootman) si sdoppia, capace di lanciare lungo e pure di inserirsi con il pallone al piede. A questo trio delle meraviglie, come se servisse inserire un po’ di qualità, metteteci un certo Francesco Totti, decisamente imperiale a San Siro. La Roma di Garcia si muove su questo asse, un rombo ai lati del quale corrono come frecce Florenzi e Gervinho. Semplicità, efficacia, compattezza: concetti che la squadra giallorossa, in poco tempo, ha mandato a memoria.
Attesa La Roma tiene il controllo della partita anche quando non ha quello del pallone. Si chiude come una fisarmonica e spesso risulta molto corta (27 metri la lunghezza media, mentre quella dell’Inter è di 37,5 metri) e molto stretta (34,4 metri la larghezza media contro i 41,5 metri dei nerazzurri). Ovvio che, se i giocatori sono vicini, si possono aiutare e per gli avversari diventa difficile inserirsi e rendersi pericolosi. L’Inter ha il vantaggio del possessopalla (58,6 per cento), ma la Roma fa gol. Perché sa aspettare, raccolta e ben protetta, e poi riparte in velocità: quante multe avrebbero preso Gervinho e Florenzi se sul campo di San Siro ci fosse stato l’autovelox? Rapidi, guizzanti negli spazi stretti e imprendibili nelle praterie concesse dall’Inter. E, a cucire il gioco e innescare i due sprinter, sempre il solito trio di registi. Osserviamo il numero dei lanci: De Rossi ne effettua 5 e Strootman 3 (Pjanic nessuno, lui preferisce il passaggio corto). A impreziosire la prestazione di Strootman ci sono anche 4 occasioni da gol create: per una mezzala di lotta e di governo non è male.
Lanci L’Inter non ha la stessa qualità a centrocampo: i tre di Mazzarri (Guarin, Cambiasso e Taider) hanno caratteristiche atletiche importanti, sanno fiondarsi negli spazi, ma non riescono a gestire la manovra con la sapienza dei romanisti. E difatti il gioco nerazzurro si basa spesso sui lanci lunghi dei difensori e sulla caccia alla cosiddetta «seconda palla», sulle grandi volate dei laterali e sulle incursioni centrali di Guarin e di Alvarez. Il colombiano è sfortunato quando colpisce il palo dalla distanza, è coraggioso quando va a contrastare gli avversari (16 duelli, 8 vinti e 8 persi), è utile in fase d’interdizione (5 recuperi), però deve essere più efficace: 19 palloni persi sono troppi e alla lunga pesano nell’economia della costruzione della manovra. Un dato positivo, per Guarin, riguarda i dribbling: sono ben 6 quelli riusciti. Quando parte è davvero difficile bloccarlo. Il problema è che, nell’Inter, non tutti sanno saltare l’uomo come fa lui…