(M.De Cesare) – Il calcio è un sogno, quando sei bambino: guardi la partita in tivù e sei nel futuro, ti senti già un giocatore affermato. E’ sempre un sogno, quando corri e sudi nelle giovanili: pensi solo al giorno in cui potresti esordire in serie A. E resta purtroppo un sogno quando, invece, non riesci a diventare un campione, smetti e rimani un tifoso, uno dei centomila, un calciatore mancato. E quel tifoso una notte fa un sogno: se provasse a raccontarlo rischierebbe di sentirsi dire che ha avuto un incubo. Ma ci pensa bene e gli viene in mente che qualcosa di vero quell’incubo nasconde. Nel buio della notte ha “visto” parlare Josè Mourinho e Rudi Garcia. Impossibile: da pari a pari, anche se il primo è un autentico totem e ha vinto tutto a tutte le latitudini e in tutta Europa, fin quasi alla noia. Mentre l’altro poco o niente, sette partite di fila con la Roma (e i tifosi sono lì che già fantasticano) e solo uno scudetto e una Coppa tra le mure di casa, in Francia. Ma nei sogni niente è impossibile: quel dialogo quasi irreale, perfino irriverente, in fondo è interessante. (…)
IL SOGNO
«Sono Rudi Garcia, ho 49 anni e nel Duemila ho cominciato come vice nel Saint Etienne, facevo soprattutto il preparatore atletico. Poi, sono cresciuto e diventato titolare in panchina. Con il Lilla, nel 2011, ho vinto scudetto e Coppa di Francia».
«Sono Josè Mourinho, ho 50 anni, sono professore di educazione fisica, sono l’unico allenatore ad aver vinto i campionati in Inghilterra, Italia e Spagna».
«Io, Rudi, adotto di solito il 4-3-3, chiedo alla squadra di stare molto alta e chiedo agli esterni di partecipare al gioco sia in fase offensiva che in quella difensiva. E, adesso, faccio a meno anche del centravanti. Credo nel gruppo e nella forza dello spogliatoio. Le primedonne sono al servizio del collettivo».
«Io, Mou, nella varie fasi della carriera, ho alternato soprattutto il 4-3-3 al 4-4-2. Anche io chiedo una intensa partecipazione al gioco da parte degli esterni. Il centravanti? Con me un certo Eto’o, nell’Inter faceva il tornante e rientrava a chiudere al limite della nostra area di rigore. Credo nel gruppo e nella forza dello spogliatoio. Le primedonne sono al servizio del collettivo».
«Io amo far allenare la squadra usando molto il pallone, a Trigoria se ne sono accorti: corsa abbinata alla tecnica, schemi provati e riprovati».
«Io sono considerato uno dei principali artefici del pallone abbinato alla tecnica, da sempre: faccio svolgere allenamenti esclusivamente attraverso l’uso del pallone».
«Io ho un carattere particolare: non aggressivo come te, Josè, ma tendo anche io a fare da parafulmine e, soprattutto, a essere graffiante («abbiamo rimesso la chiesa al centro del villaggio», «chi contesta la Roma non è della Roma…. Al massimo della Lazio») usando tanta ironia. Ma i miei toni sono garbati».
«Io, invece, sono una forza della natura. Grinta, rabbia, agonismo in panchina e non solo. Il tutto finalizzato al bene alla squadra; è giusto, come facciamo noi, metterci al centro del “ciclone” mediatico, la squadra resta al riparo».
«Comunque, grazie della chiacchierata, Mou…».
«Di niente, Rudi… ti confermo che mi somigli in tante cose».
CAPOLISTA – Drrrriiiiinnnn, suona la sveglia. Già, era solo un sogno, ma il tifoso non si scompone, anzi si convince. In fondo, tra quei due (vittorie a parte), ci sono davvero parecchie cose in comune, sintonia nel nome del calcio. Certo, uno è un “santone”, un vincente, carico di trofei; l’altro è ancora una “promessa“. Ma quel faccia a faccia nel cuore nella notte, conferma che Garcia ha molte delle qualità che sono di Mourinho. E, allora, si tratta veramente solo di un sogno giallorosso? Chissà, di certo una cosa è vera: da primi in classifica è tutto più facile. (…)