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CORRIERE DELLO SPORT Totti e la Nazionale: il cucchiaio, la Coppa e non è ancora finita
(M.Evangelisti) – Dopo 685 partite giocate in giallorosso, 285 gol totali, 230 in campionato, una vita in una sola città e per una sola squadra, una rinuncia monastica alla caterva di successi sportivi che avrebbe colto altrove e tante nuove storie quotidiane da attraversare nei due anni e mezzo di contratto che gli restano, Francesco Totti un giorno verrà archiviato nella storia come inventore di un modo di dire pronunciato in Nazionale. Mo je faccio er cucchiaio. Glielo ha fatto. Francesco Toldo non ci voleva credere. Prenderà la rincorsa e prima ancora di fare un passo deciderà di tirare come i santi comandano, pensò il portiere.
LEZIONI – Totti fece un passo, due, tre e non cambiò idea. Il pallone viaggiò al di sopra di Van der Sar per quanto era lungo. L’Italia andò alla finale e perse il titolo europeo contro la Francia. Sull’ultima azione, quella dell’ultimo gol, strapparono il pallone proprio a Totti che cercava di impastarlo nella piazzola del calcio d’angolo dall’altra parte del campo. Nessuno gliene fece una colpa.
Era il 2000, Totti era giovane e comunque più tardi imparò a incatenare le partite alla bandierina. Non ha procurato pochi punti alla sua Roma con tale gioco di prestigio. Quella fu la sua prima vera Nazionale (anche se l’esordio assoluto risale all’autunno del 1998) e se la storia fosse cominciata con un titolo non ci sarebbe stato nulla da dire. Cominciò con un secondo posto e non c’è nulla da dire lo stesso. Il selezionatore era Dino Zoff, che spesso lo faceva giocare e talvolta no, per insegnargli l’umiltà. Adesso non c’è più bisogno di lezioni. Totti ha imparato quello che c’era da imparare e a 37 anni ciò che non gli si è ancora impresso nell’anima non lo marchierà più.
TENTAZIONI – Cesare Prandelli, suo allenatore per poche mattine alla Roma, avrebbe voglia di chiamarlo dopo sei anni di assenza da una parte, di non illuderlo e di non illudersi dall’altra […]. Dopo Zoff ebbe Giovanni Trapattoni, sapiente di calcio quanto bastava per capire che bisognava dare ascolto all’istinto del giocatore […]. Poi un arbitro chiamato Moreno prese il centro del palcoscenico. Fu perfetta ingiustizia l’espulsione di Totti contro la Corea del Sud per una simulazione inesistente, fu perfetta stoltezza da parte di Totti nell’Europeo successivo sputare su un brocco danese che gli passeggiava sui piedi dall’inizio della partita.
IL SEGNO – Crescita, caduta, riscatto. La sceneggiatura delle vicende di Totti in Nazionale è senza macchia. Arriva Marcello Lippi, un Totti ormai maturo marcia sui sentieri tracciati dalla spettacolare Roma di Spalletti.Richard Vanigli lo abbatte, lui si rialza con la determinazione che da quel momento non lo abbandonerà più. Riesce a giocare quel Mondiale, ed è una prodezza. Non è pronto, ed è il segno del fuoriclasse quel rigore infilato nei minuti extra contro l’Australia. Nessuno voleva tirare perché il pallone era una sfera di piombo. In finale Totti è distrutto, eppure la Francia tiene tre centrocampisti a fare la guardia finché lui non esce. Si vede diventare campione del mondo dal ciglio del campo. Non ci fosse mai riuscito, sarebbe stata una crepa strutturale nell’universo del calcio.