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DISCRIMINAZIONE Malagò: “Usiamo il buon senso”. Agnelli: “Non è razzismo”.

Giovanni Malagò

Il concetto di ‘discriminazione territorialè applicato al calcio per ora un risultato l’ha ottenuto: saldare le tifoserie più numerose, solidali contro una misura che ritengono ingiusta e lesiva del ‘diritto di sfotto«, fosse anche becero e violento, ma che – sono convinti – non sconfina nel razzismo. Da un capo all’altro d’Italia gli ultrà sono pronti a dare del filo da torcere agli ispettori federali in tutti gli stadi cantando provocatoriamente quei cori che hanno portato alla squalifica del Meazza in occasione di Milan-Udinese del 19 ottobre. I sostenitori organizzati di Inter, Milan, Juventus, Napoli allenano le ugole con l’obiettivo di causare un’epidemia di partite a porte chiuse. Una situazione potenzialmente esplosiva, che non piace per nulla al presidente del Coni, Giovanni Malagò. »Dobbiamo tornare tutti con i piedi per terra e usare il buonsenso. Si deve correre urgentemente ai ripari e trovare una soluzione che da una parte rispetti l’Uefa e dall’altra non faccia assistere a disastri come le partite a porte chiuse, perchè così a perdere è solo il calcio«. Perchè poi – a causa della responsabilità oggettiva – le prime a pagare sono le società, penalizzate dai mancati incassi, fino alla possibile sottrazione di punti in classifica. Per questo, suggerisce Malagò, »facciamo in modo che, anche se per poche persone che esprimono in modo inaccettabile la propria opinione, non ci si ritrovi con tutto il resto della comunità del calcio costretta a non poter vedere le partite«. Allo stato attuale c’è »il rischio che si arrivi ad un giudice che col compasso dice cosa è ironia e cosa è discriminazione. Rischiamo di sfiorare il ridicolo«.

Attenzione a non confondere campanilismo e razzismo, avvisa il presidente della Juventus, Andrea Agnelli: »l’Italia è sempre stata la terra dei quartieri e dei piccoli paesi. Molto di quello che sta succedendo non è razzismo, ma è una peculiarità tipica del nostro Paese«. »Serve un approfondimento per distinguere lo sfottò tradizionale, che tutti fanno e che è parte del folklore del calcio e della tifoseria, da quelli che sono veri e propri atti discriminatori, che vanno repressi«. Roberto Maroni, governatore della regione Lombardia (ma anche acceso tifoso milanista), dà un contributo da frequentatore di stadi che è stato ministro dell’Interno. »L’impostazione del presidente della Lega, Maurizio Beretta (che ieri ha scritto alla Federcalcio suggerendo di modificare la norma sulla discriminazione territoriale, ndr) mi sembra assolutamente condivisibile.

Fonte: ansa

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