(R. Boccardelli) Nessuno sa esattamente che cosa stia dicendo il sergente Garcia ai suoi nella ridotta di Trigoria, dove la smania di chiudere i buchi nei muri per proteggere i segreti tattici sta rendendo difficile respirare. (…)
La Roma è libera, all’aria aperta. Alla fine riconosciuta, alla fine indicata come favorita della prima partita del campionato che valga davvero qualcosa in termini di scudetto. Quindi, umanamente terrorizzata. Sino a questo momento ha giocato contro qualcosa. Contro la depressione all’inizio, contro lo scetticismo andando avanti, contro la Lazio che aveva spostato la chiesa dal centro del villaggio, contro la convinzione che al primo esame di maturità sarebbe tornata a nascondersi piagnucolando con un dito in bocca assai meno ironico di quello con il quale Totti celebra i propri gol. Adesso ha la possibilità e l’obbligo di giocare per, e non è altrettanto comodo.
(…)Finché la squadra si è sentita assediata ciascun giocatore lavorava per tutti gli altri ed era chiaro chi fossero i buoni e chi i cattivi, i buoni da questo lato e i cattivi dall’altro. Una situazione anormale che ha partorito la meravigliosa anormalità delle sette vittorie consecutive. Magari la Roma sta meglio lì, sola e assediata nel fortino, e gli altri fuori e liberi di avere paura di quegli uomini arrabbiati, disposti a tutto, capaci di tutto.