(M. Cecchini) Ci sono giorni che valgono una vita. Giorni così potenti che sanno scacciare via anche i cattivi pensieri. Davanti a Re Diego (c’è bisogno di scrivere Maradona?) al minuto 30, il presagio infatti sembrava essere uno spettro nero che si aggirava sull’Olimpico. Francesco Totti si sdraiava per terra per farsi massaggiare il flessore della coscia destra. Le mani del massaggiatore, però, non potevano essere da re taumaturgo e così il capitano doveva gettare la spugna. Che cosa sarebbe stato della Roma senza di lui? La risposta arrivava meno di un quarto d’ora più tardi.
Per battere una punizione dalla zolla generalmente riservata al numero dieci, si avvicinava Miralem Pjanic. Il primo tempo stava per morire, così come le speranze del Napoli, indispettito poi da un’esultanza «pericolosa» sotto la Curva («Ma non volevo provocare i tifosi del Napoli, a volte mi capita di sognare un’esultanza e stavolta l’avevo sognata così» ha spiegato Miralem). Perché il tiro con una parabola alla Maradona andava a spolverare l’incrocio dei pali per dare inizio alla festa, che sarebbe proseguita con il rigore di potenza (alla Totti) realizzato nella ripresa.
Festa e lacrime Una festa che per Miralem, da martedì sera, non era mai finita. Perché ci sono giorni, appunto, che valgono una vita, e quelli che hanno trasportato il talento bosniaco dalla storica qualificazione mondiale alla fuga in testa alla classifica, lo sono davvero. Chi è stato vicino a Pjanic lo ha raccontato in lacrime per aver regalato al suo popolo un’avventura chiamata Brasile. Ma dietro alla Storia ci sono anche altre storie, nascoste eppure importantissime. Tre ragazzi bosniaci, infatti, nella notte di martedì sono morti in Polonia durante il viaggio di ritorno dalla Lituania, dove la squadra aveva giocato. Avevano l’età di Miralem, gli stessi sogni privati: nessuna sorpresa, perciò, una delle dediche sia stata anche per loro.
Alla fine «Aver segnato alla fine del primo tempo è stato molto importante – ha detto – . e comunque è tutta la squadra che gioca bene. Il salvataggio di De Rossi, ad esempio, vale un gol. È stata una serata da favola, e sono stato fortunato a viverla. La Roma ha saputo soffrire. Si vede da come è entrato in campo Borriello: se tutta la squadra difende quando gli altri attaccano, è difficile subire gol. Lo spirito è quello giusto, dobbiamo continuare così anche a Udine. Chiunque fa entrare Garcia fa bene, e questo fa la differenza. Io 8o re di Roma? Fa piacere. L’anno scorso Zeman all’inizio mi metteva in panchina. È normale che non fossi contento. Per me è stato difficile». Adesso però la vita sembra in discesa, da qui al Brasile. «Sono orgoglioso di aver portato il mio Paese al Mondiale. Era un sogno, un’emozione grandissima. Tutta la Bosnia si è fermata e non vedo l’ora di giocare e rappresentare il mio Paese la prossima estate». Orgoglio slavo. Con classe sudamericana e punizioni tra Juninho Pernambucano e Maradona. Mixate tutto: questo adesso è Pjanic. Questa adesso è la Roma.