E’ dura provare ad analizzare la sconfitta di Firenze il giorno dopo una partita simile. Alzi la mano chi non ha pensato di essere vittima di uno scherzo o di essersi appena svegliato da un incubo alla fine del match contro la Fiorentina. Quando al 16’ Juan si fa saltare come fosse un ragazzino della Primavera da uno, Jovetic, che invece è uno dei ragazzini più promettenti di questi anni, il progetto giallorosso, o l’idea per dirla con le parole del direttore generale Baldini, sembra svanire come una nuvola di fumo. Da quel momento in poi la Roma fa girare palla, ma il suo possesso è sterile, anonimo, proprio come il suo percorso in campionato. Boruc avrà potuto ripiegare la sua maglietta quando è tornato negli spogliatoi. L’immagine dell’intera partita sta tutta nel colpo di testa di Gamberini che sigla il raddoppio viola: il numero cinque sovrasta, non solo fisicamente, Heinze, così come la Fiorentina sovrasta, anche moralmente, la squadra di Luis Enrique. Il terzo gol e la terza espulsione sono solo l’epilogo di una giornata da dimenticare. Non era così che i tifosi si aspettavano la rivoluzione culturale. “Servirà tempo” ci hanno ripetuto prima il presidente americano DiBenedetto, poi Sabatini, Baldini ed infine Luis Enrique. Ma quanto? Quanto ancora dovrà aspettare quella curva che, sì, non è mai schiava del risultato, ma che fino ad ora ha mandato giù solo bocconi troppo amari da digerire (vedi Slovan e Lazio)? Ora basta. La pazienza è davvero finita. Serve un segnale forte. Magari contro la capolista Juventus. Magari prima che sia troppo tardi.
A cura di Noemi Pierini