(R. Boccardelli) – Esce Borriello e la Roma trova il gol. Come a Livorno, prima giornata. Questo non vuol dire che Borriello (ancora a secco in campionato) sia colpevole di qualcosa, tutt’altro. Recuperato alla causa dal gran lavoro psicologico di Garcia, Marco si è reinserito alla perfezione nel gruppo e sta dando una grossa mano quando viene chiamato in causa. Altro però è ragionare sul modo di giocare della Roma, che manovra meglio e più pericolosamente verso la porta avversaria proprio quando non ha un centravanti di ruolo. Tendenza assolutamente non estranea al calcio moderno (vedi Barcellona e squadre che operano con il cosiddetto finto nove) e che a Roma tende ad essere più radicata anche per ragioni storiche e di protagonisti assoluti. Ancora una volta il discorso passa attraverso Francesco Totti e le sue gesta, antiche, moderne e future. In realtà infatti, dall’addio di Batistuta e Montella e con la sola eccezione di Luca Toni, la Roma non ha più avuto un vero centravanti, anche perchè Spalletti nella stagione 2005-06 s’inventò Totti centravanti atipico, in realtà direttore d’orchestra del gioco d’attacco. In questo senso Garcia è un continuatore del tecnico toscano. Un po’ per convinzione (anche il suo Lille giocava con tre punte molto mobili e in grado di scambiarsi di ruolo) e un po’ per necessità (Totti rende al massimo proprio giocando nel ruolo di… Totti) il tecnico francese ha ridisegnato una Roma d’attacco con Totti e due punte veloci, un po’ come lo erano Mancini e Taddei, e poi Vucinic. Questo per dire che la Roma porta nel suo dna recente la manovra offensiva di questo tipo. Uno spartito che i giocatori sanno riconoscere velocemente, adattandosi al meglio (e non potrebbe essere altrimenti) alla tessitura di un gioco basato sulla tecnica e sull’inventiva ma che non dà punti di riferimento agli avversari, come invece è costretta a fare se schiera un centravanti vero come può essere Borriello.