(M. Pinci) Il giorno dopo la sconfitta con la Fiorentina, i romanisti criticano l’allenatore spagnolo: “Ridicolo”, “Anche per il ponte sullo stretto c’è il progetto”, “Va esonerato, “Dimissioni subito”
Il giorno dopo, è tardi anche per i processi. Almeno sulle frequenze dell’etere romano. Già terminato il tempo dei difensori d’ufficio, così come quello delle giustificazioni. Il tifo romanista stavolta si coagula intorno ai dubbi su Luis Enrique. Di più, sulle critiche a una gestione tecnica scellerata. “Siamo di fronte a un allenatore ridicolo, ci manca solo di vedere Lobont a centrocampo”, urla chi ironizza sui continui cambi di ruolo e formazione. A cui fa eco il più ironico: “Intanto abbiamo visto Bojan portiere”, alludendo allo sciagurato fallo di mano dell’attaccante. Solo alcune delle tante accuse, che travolgono anche le scelte della dirigenza e i proclami estivi sulla realizzazione di un nuovo progetto e della rivoluzione culturale: “Anche per il ponte sullo stretto c’è il progetto”. Un programma fantasma, quindi. In attesa che la giornata di oggi sciolga qualche dubbio sulle intenzioni di dirigenti e tecnico, i più drastici hanno già individuato la soluzione: “La società deve esonerarlo se lui non ha gli attributi per dimettersi”. “Dimissioni subito, ci manca anche dovergli pagare lo stipendio”, pretendono invece i più attenti alle spese del club. Ma è palese come la voce sia sempre più univoca. Pochi quelli che chiedono fiducia: “Cambiare ora vorrebbe dire buttare via tutto quello che abbiamo fatto fino a oggi” e “Il sogno vale l’attesa”. C’è persino chi fa il verso al Brancaleone di Gassman: “Longo è lo cammino, ma grande è la meta”. Quasi un bagno d’ottimismo, rispetto a chi aspetta soltanto di veder cambiare tutto. E anche il più in fretta possibile: “Niente scuse, Ancelotti subito”, è quasi un grido di battaglia dei tifosi più delusi dal crollo del sogno di emulare il Barcellona. Certamente il nome più diffuso tra le radio locali. Non a caso, il più lontano da quell’immagine di rivoluzionario e innovativo che Luis Enrique rappresenta. Pragmatismo e calcio di alto livello, contro l’utopia. Altrettanto utopico, forse, il sogno di qualche supporters che chiede di promuovere Alberto De Rossi, il maestro dei giovani giallorossi: “Vogliamo vedere la prima squadra giocare come la Primavera”. Ma i dubbi travalicano il lato sportivo: “Adesso co ‘sto codice etico sospendono pure Heinze per la gomitata?”, è il timore di un remake dell’esclusione di Osvaldo per la sberla a Lamela: “Ma non era meglio se quella ‘pizzà la dava a Luis Enrique?”. Violenza no, semmai rivoluzione. In panchina, stavolta