(A. Angeloni) – Ha allenato la Roma quando – come dice lui – «le questioni tecniche erano gli ultimi problemi, c’erano mille cose al di sopra di noi: la morte di Viola, varie faccende societarie, insomma tutta una ricostruzione che doveva passare dalle mie mani».Chi parla è Ottavio Bianchi che, in mezzo al delirio dei primi anni ’90, era riuscito a portare la Roma a giocare due finali. «Le società mi chiamavano proprio perché c’erano da risolvere i problemi, ero abituato», ricorda da Bergamo.
Domenica sarà all’Atleti Azzurri d’Italia per Atalanta-Roma?
«Qui fa un freddo cane. Con queste temperature, il calcio è bello giocarlo e non vederlo, specie dallo stadio».
La Roma viene da tre pareggi consecutivi. Che sta succedendo, secondo lei?
«È un peccato, poteva essere un’occasione per scattare in avanti. Forse c’è stata troppa frenesia, quel voler raggiungere i record, quel fare – come piace dire a voi – un qualcosa di straordinario. Ma straordinario si usa quando vinci, non prima. Quando sento questo termine mi si drizzano quei tre capelli che mi sono rimasti in testa. Sono passaggi inutili che magari generano euforia e poi ti mandano in depressione ai primi risultati non brillanti».
Non ha visto una Roma in calo?
«No, anzi. I numeri sono ancora di altissimo livello. Forse è mancato quel qualcosa in più là davanti ». Totti? «Voglio troppo bene alla Roma per pensare e sostenere che tutto ciò che ha fatto sia dipeso solo da un giocatore».
Quindi lei senza Maradona avrebbe vinto lo stesso?
«Ogni tanto lo abbiamo fatto,ma non è questo il punto. Il grande calciatore, in una squadra che non funziona, non è in grado di vincere nemmeno le partite tra scapoli e ammogliati. In una corsa a tappe, se un big timanca per tre o quattro partite e tu non vinci lo scudetto, allora è giusto così. Uno come Totti è fortissimo, un campione senza età,ma si vede che adesso la squadra intorno a lui funziona bene e Francesco dà quel qualcosa in più. In questo momento manca e si stente, non ci sono dubbi.Ma l’ossatura resta al di là della sua classe».
La Roma cosa ha in più o in meno della Juve?
«I bianconeri, questa è lamia impressione, per vincere debbono sempre stare a duemila, hanno esasperato le caratteristiche di una provinciale ma con qualità. Quella intensità non la tieni per tutto il campionato. La Roma, invece, ha una qualità nei giocatori impressionante. Vedi Strootman, Pjanic, Florenzi, De Rossi, Gervinho… Insomma, questa rosa, senza le coppe, può fare strada. La Champions ti toglie molto alla lunga.Epoi…».
E poi?
«Di solito, i campionati che precedono un mondiale, portano sempre grandi sorprese». Questa storia dei cinesi, influisce sulla testa dei calciatori? «Di sicuro, bene non fa. L’allenatore e i giocatori vorrebbero sempre non avere a che fare con queste notizie».
Le piace Garcia?
«Sì molto. La cosa che salta maggiormente agli occhi è che sia riuscito a creare un gruppo incredibile. Che rema nella stessa direzione. Non mi pare un saltimbanco, penso sia una persona seria, che ha instaurato un ottimo rapporto con l’ambiente. Adesso la Roma è capace di guardare avanti, di pensare in grande e non di vivere una stagione solo per le due partite con la Lazio. Credo siano finiti quei tempi»