(M.Izzi) – Giornata importante in Consiglio Municipale, dove una mozione dovrebbe avviare un percorso di chiarificazione propedeutico al risanamento dell’area di Campo Testaccio. Un passaggio importante dicevamo, e aggiungiamo doveroso per una parziale ammenda da parte di un mondo, quello della politica, che per quanto riguarda il “miglio verde” della storia romanista, in passato ha causato più danni della grandine. Non conosciamo i dettagli della vicenda che ha portato allo stallo vergognoso e avvilente a cui siamo oggi (ma nell’ottobre del 2010 proprio dalle pagine del Romanista avevamo provato a lanciare l’allarme), ma bruciati da tante delusioni vissute nel passato, prima di alzare i calici preferiamo attendere gli eventi nella loro fase più concreta e operativa.
Per il momento, dunque, oltre a fare il tifo più caldo per chiunque sia animato da buone intenzioni, apriamo il libro dei sogni e proviamo a immaginare quello che sarebbe bello realizzare una volta che il risanamento sarà ultimato. Nella sua ultima incarnazione, quella del 2000-09, Campo Testaccio si presentava, su una porzione considerevole dell’originario perimetro del terreno, con un impianto da calcio e uno da basket. Ci sembra un mix riproponibile, soprattutto se si aprissero le porte, per quello che riguarda il basket, alla Società Ginnastica Sportiva Fortitudo. Il glorioso club rosso-blu, fondato nel 1908 e accompagnato da Fratel Porfirio Ciprari sino alla grande fusione che diede vita all’AS Roma nel giugno 1927, versa dal 2008 (l’anno del centenario) in condizioni difficilissime e rischia di scomparire. Sarebbe veramente un delitto. Portare la Fortitudo sul perimetro sacro ai colori giallorossi equivarrebbe a rinsaldare il legame inscindibile che lega la Roma a una parte irrinunciabile della sua genesi. C’è poi il football… ferma restando l’importanza dell’area come luogo di sport per i ragazzi del quartiere, sarebbe veramente meraviglioso riuscire a qualche titolo a poter coinvolgere la Roma nella gestione del Campo. Sarebbe una garanzia definitiva sul futuro di questo progetto di risanamento.
Dal 1940, anno del primo, sciagurato, smantellamento dell’area il club ha più volte cercato di riappropriarsi della sua storia. Negli anni ’60 un’associazione di vecchie glorie, promossa dall’indimenticabile Cesare Augusto Fasanelli aprirà la questione, sarà poi Dino Viola, sin dall’inizio del suo mandato di presidente giallorosso, a dare nuovo impulso a questo sforzo. Il primo progetto di risanamento varato dal comune, non a caso, porta la data del 1982. Viola il 12 novembre 1987 diviene Presidente del Roma Club Campo Testaccio, una vera e propria associazione culturale che nello statuto si proponeva la difesa e il recupero della tradizione nata “sotto il Monte dei Cocci”.
Con Franco Sensi l’attenzione non viene meno. Man mano che il progetto del nuovo campo si andava strutturando, il presidente del terzo scudetto manifestò a più riprese il desiderio di portare la primavera a giocare nella vecchia tana dei lupi. È un sogno, ma sono certi che la Roma valuterà tutte le possibilità con grande attenzione e con l’amore che questa vicenda merita. C’è poi la questione del nome. In tanti meritano di essere ricordati, dall’immenso Amadei che ci ha appena lasciati, a capitan Guido Masetti, per non parlare di Attilio Ferraris e Fulvio Bernardini o di figure carismatiche e simboliche come quella di Renato Sacerdoti e Angelino Cerretti (l’unico ad averli vissuti tutti gli anni di Testaccio). Il mio parere, è che il nome dell’impianto debba essere semplicemente quello di “Campo Testaccio”, mentre il perimetro di gioco, la tribuna e le altre infrastrutture debbano essere intitolate agli eccezionali personaggi che abbiamo appena ricordato.
Giacché siamo nel campo dei sogni sfrenati, poi, voglio esagerare e dico che mi piacerebbe proprio assistere, nella nuova inaugurazione dell’impianto a una sgambata amichevole di una rappresentativa giovanile della Roma e del Brescia. Il 3 novembre 1929 fu questa gara, Roma – Brescia, ad aprire la leggenda del Campo che c’ha “tanta gloria”, il bis sarebbe un omaggio bellissimo per rimarcare una continuità tra la Roma e il rione XX, che non potrà mai venire meno. Quel giorno del 1929, sotto il Monte del Cocci sfilarono: Ballante, Corbyons, De Michelis, Ferraris IV, Degni, Carpi, Benatti, Dalle Vedove, Volk, Bernardini, Chini. A Giorgio Carpi ho stretto la mano, mi piacerebbe farlo anche con i nuovi “testaccini” degli anni duemila.