(T.Cagnucci) A un certo punto – forse è stato il più alto – è stata citata la ciriola con la mortadella da un consigliere che c’aveva una cravatta sputata Anni 80 della Roma, mentre il suo collega dell’opposizione aveva appena chiuso l’intervento indossando la sciarpa del “Commando Ultrà del 1982″ (parole sue). Poco prima un altro consigliere aveva raccontato il suo stupore quando da ragazzino scoprì che Manfredini era straniero e non italiano, una consigliera che il figlio col Testaccio ci giocava e un laziale (beh, almeno uno ce n’è – quasi – sempre) la buttava in caciara sperando nell’intervento – con gol – di Piola. È successo. È successo veramente ieri mattina, fra le 9 e 31 e le 11 e 25 a via della Greca 5, dove il Consiglio del Primo Municipio ha approvato una mozione per il ripristino e la valorizzazione di Campo Testaccio.
È il primo atto politico, il primo atto istituzionale che – la mozione dice questo – riporterà in vita un Campo che è una Culla (più che buca ancora oggi è meglio chiamarla così) di Roma, della romanità, dei romani, dei romanisti, di chi ha cuore questa città e la sua storia, persino i suoi odori, magari quelli della ciriola con la mortadella. È questo il punto, e, sì, è stato il più alto. Reset, non vale, stavolta la politica ha fatto la cosa giusta. Ha detto persino le parole giuste. Queste: «Campo Testaccio è un pezzo di cuore di questa città non solo per la storia della squadra di calcio della Roma, non solo perché racconta la storia di un’associazione sportiva, ma perché è parte di una storia più grande, la storia di popolo. E per una volta noi parliamo di storia di un popolo, e non della storia dei potenti, non la storia fatta da notabili. Parliamo di una storia di popolo, parliamo di una storia di ciriole con la mortadella, una storia di tifosi, parliamo della storia della gente di questa città. Oggi noi con questo atto decidiamo di stare da una parte, dalla parte della storia. Che è quella stessa parte che riempie gli stadi, è quella parte che subisce il pregiudizio di quell’altra parte della storia, quella dei potenti, quella storia che si è sempre saputa determinare attraverso i suoi rapporti di potere. Invece noi scegliamo la parte di popolo, quella che va allo stadio e subisce le vessazioni di certe campagna di stampa, di certi pregiudizi, di quella parte che viene giudicata da tanti benpensanti per cui oggi se un ragazzo vuole andare allo stadio la prima preoccupazione dei genitori è il pericolo della sua incolumità. Questo è un problema culturale grave, è una battaglia che noi dobbiamo fare e che la buona politica fa quando decide da che parte stare. Quando decide di stare da quella parte della storia, dalla parte del più debole, dalla parte che subisce sempre questo tipo di pregiudizi. Quello che noi dobbiamo fare oggi è dare un segnale, prendiamo una scelta di parte, noi ci mettiamo da quella parte della storia, noi ci mettiamo dalla parte della nostra città, dalla parte dei romani».
Metteteci un minuto di silenzio o d’applausi ma è successo. Sono parole talmente belle che devono restare anonime e non perché altrimenti uno rischia di farla passare per marchetta, perché questa è roba bipartizan (18 voti favorevoli, 2 contrari, un astenuto). E’ successo che ieri la politica s’è messa dalla parte della gente, e persino degli ultrà (siamo a scandali a livelli pasoliniani) perché se ieri il Municipio di Roma Centro ha approvato a maggioranza la mozione di “valorizzazione di Campo Testaccio” è perché una domenica di metà novembre, mattina presto, duecento ultrà della Roma (sì, sì ultrà, proprioloro) sonoandaticonrastrelli, pale e scope a ripulire un Campo di Gloria ridotto a discarica. Con loro c’era persino Giorgio Rossi, un altro “facinoroso” 83 enne (è una battuta, sia chiaro, qui – in tempi di discriminazione territoriale – c’è il rischio che qualcuno non capisca: Giorgio Rossi è uno dei volti più belli della storia della Roma, ne è stato il massaggiatore e l’anima per 53 anni). Hanno detto (quasi) tutti le parole giuste (Giuntella, Servilio, Tozzi, Manca, Lilli, Secchi, Marchi e – fuori dal Consiglio- Cento e Cochi) e hanno fatto una cosa che è solo l’inizio. Questo è un atto istituzionale e politico che ha anche un peso simbolico essendo il primo atto dopo quella giornata a Testaccio.
Ora la mozione va in Comune, perché il Comune ne ha la competenza. E il Comune ha già anticipato, attraverso il suo Assessorato allo Sport, le proprie intenzioni, che sono quelle sante di far «rivivere Campo Testaccio con o senza parcheggi». Meglio senza. E qui entriamo in una storia (bassa) che parte dal 2007, una storia non di popolo, non di pasta, ma di pastoie burocratiche e amministrative, di carte, di errori. Campo Testaccio di proprietà del Comune è stato dato in concessione a un Consorzio nel 2007 secondo il Pup (Piano Urbano Parcheggi). Dopo anni di niente, e anche dopo l’intervento dellaSovrintendenza, ilritrovamentodei”soliti” scavi, vari eventuali che vi immaginate (nulla osta che non arrivano, tubature che perdono, interessi che cambiano corso…), il Comune ha deciso di revocare la concessione: contro questa decisione da parte del Consorzio è stato fatto ricorso al Tar che ancora si deve pronunciare. I tifosi devono sapere che nel piano che prevedeva la costruzione dei parcheggi sotterranei si prevedeva già la costruzione in superficie di un campo di calcio e di due da calcetto; i tifosi devono sapere che probabilmente – a questo punto – quando Campo Testaccio sarà, sarà comunque senza parcheggi, un po’perché la politica ha capito che – insomma – sotto al Colosseo non si parcheggia, un po’ per interessi venuti meno. Nella mozione è accennato esplicitamente alla possibilità di un museo, un consigliere ha parlato della possibilità di farci giocare le giovanili della Roma, quello che conta che tutti, soprattutto l’Assessorato allo Sport, sono d’accordo che Campo Testaccio rinascerà come polo sportivo. Per quello che è. Come Campo Testaccio. Come storia. Un odore di ciriola e mortadella.