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IL ROMANISTA A San Siro la centesima Usa

Pallotta

(F. Bovaio) –  Stadio Meazza di Milano, oppure San Siro, per i calciofili di una volta. In ogni caso, che dir si voglia, la Scala del calcio. Una platea importante per ritrovare Totti, che lì tra Milan e Inter ha segnato più che in ogni altro campo (Olimpico escluso, ovviamente) e per tagliare il traguardo delle cento partite con gli americani. E già, perché lunedì sera, in uno dei Monday-night più attesi di questa prima parte di campionato, la Roma scenderà in campo per disputare la centesima partita ufficiale da quando ha cambiato proprietà, passando dai Sensi al gruppo misto Unicredit-United States. Cento partite nelle quali sono passati tanti personaggi, positivi e non, degli ultimi tre anni di vita giallorossi. Da Baldini a Sabatini (che c’è ancora), da Fenucci a Baldissoni, da Luis Enrique a Garcia, con gli intermezzi di Zeman e Andreazzoli, ai tanti calciatori, andati e venuti in queste due stagioni e mezza di attività agonistica.

Quattro allenatori e tanti diversi gruppi di atleti che hanno inciso diversamente sui destini della Roma, con Luis Enrique che è destinato a rimanere nella storia come un flop, Zeman che ha dimostrato per l’ennesima volta quanto non vadano bene le minestre riscaldate, il buon Andreazzoli che ha fatto il traghettatore e Garcia che è subito diventato il più vincente. Magari non ancora per le statistiche, visto che Luis Enrique fece sue 17 partite (16 di campionato più una di Coppa Italia), ma in un’intera stagione, mentre il francese è già a quota 11 solo in 15 gare. Di sicuro, però, per l’immaginario collettivo della gente, che dopo quell’avvio strepitoso di 10 vittorie in altrettante gare e un’imbattibilità lunga 15 partite (mai la Roma aveva fatto meglio in avvio di stagione) lo ha già eletto tra i suoi beniamini. Merito anche di gare memorabili come quella vinta proprio al Meazza contro l’Inter lo scorso 5 ottobre, o del derby contro la Lazio del 22 settembre, o del 2-0 al Napoli del 18 ottobre. Ma anche di un gioco sempre bello e spumeggiante che ha spinto i critici a dire che proprio la Roma, insieme alla Fiorentina, è la squadra più spettacolare del campionato.

Un po’ quello che venne detto proprio un anno fa di questi tempi, dopo il 4-2 rifilato dalla squadra allora allenata da Zeman alla stessa Fiorentina, in quella che forse resta la partita più bella delle 25 giocate dalla Roma americana con il boemo in panchina (22 di campionato più 3 di Coppa Italia). Insieme ad essa quella vinta per 3-1 ancora al Meazza (e sempre conto l’Inter) il 2 settembre 2012 e i 4-2 di Marassi contro il Genoa (21 ottobre e dell’Olimpico sul Milan (22 dicembre 2012). Del periodo di Andreazzoli, invece, ci piace ricordare la vittoria per 1-0 contro la Juventus firmata da Totti il 16 febbraio, il 3-2 in casa dell’Atalanta sotto la neve della domenica dopo (24 febbraio) e il successo sul campo della Fiorentina per 1-0 con gol di Osvaldo del 4 maggio. Momenti esaltanti di un’avventura altrimenti non memorabile. Quanto al primo mister della Roma made in Usa, Luis Enrique, che dire? Nella Capitale visse più bassi che alti e il suo miglior momento fu tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012, a cavallo della feste natalizie. Di quei giorni ricordiamo il 3-1 di Napoli del 18 dicembre con i gol di Osvaldo e Simplicio che seguirono l’autorete di De Sanctis (sì, proprio lui, l’attuale numero uno giallorosso) e il 4-0 all’Inter del 5 febbraio con le reti di Juan e Bojan e la doppietta di Borini. Ma anche il 3-0 rifilato alla Fiorentina negli ottavi di Coppa Italia giocati l’11 gennaio 2012 firmato dalla doppietta di Lamela e dal gol ancora di Borini.

Nomi che sembrano lontanissimi nel tempo giallorosso e che, invece, si riferiscono ad appena due stagioni orsono. Insieme a loro, poi, vengono alla mente quelli del portiere silenzioso Stekelenburg (che dalle nostre parti non si è mai ambientato) e dell’hombre Gago; del vichingo Kjaer e del gringo Heinze; del misterioso José Angel e del suo alter ego della fascia opposta Piris. Ma anche di campioni veri arrivati in giallorosso come Lamela (ma in Inghilterra dicono che sia un flop) e Marquinhos (a Parigi già lo adorano), Pjanic e Maicon, Benatia e Castan, Strootman e Gervinho, il ritrovato Destro e Florenzi, Balzaretti e De Sanctis. E poi Borriello, che è andato e venuto, Osvaldo testa-matta, la meteora Borini e l’altro brasiliano Marquinho. A far da collanti tra le diverse epoche e squadre, insieme al sempiterno Taddei, sempre loro, Totti e De Rossi, i dioscuri della Roma di ieri, di oggi e, per fortuna, anche di domani. A chiudere un po’ di numeri.

Di queste 99 partite ufficiali targate Usa i giallorossi ne hanno giocate 90 di campionato (38 con Luis Enrique, 22 con Zeman, 15 con Andreazzoli e altrettante con Garcia), 7 di Coppa Italia (2 con Luis Enrique, 3 con Zeman e 2 con Andreazzoli) e 2 valide come preliminare dell’Europa League (entrambe con Luis Enrique, contro lo Slovan Bratislava). In 99 gare sono arrivate 49 vittorie (44 in campionato, 5 in Coppa Italia), 21 pareggi (20 in campionato, 1 nel preliminare di Europa League) e 29 sconfitte (26 in campionato, 2 in Coppa Italia e 1 in Europa League). I gol segnati tra serie A e coppe sono stati 170, quelli subiti 124. Le squadre più prolifiche in attacco sono state quelle di Zeman (52 gol segnati in 25 partite ufficiali, per una media di 2,08 a gara) e Garcia (29 reti in 15 gare solo di campionato, per una media di 1,93 a partita). Quelle più battute in difesa sono state le squadre di Zeman (leader degli estremi opposti in fatto di gol) con 43 reti al passivo in 25 partite (media di 1,72 a gara) e Luis Enrique, con 59 gol presi in 42 gare, per una media di 1,40 a partita. La Roma americana meno battuta in difesa, ovviamente, è quella di quest’anno, che con Garcia ha preso solo 5 gol in 15 match per una media bassissima di 0,33 a gara. E grazie a questo strepitoso rendimento del suo reparto arretrato ha anche la miglior difesa d’Europa.

 

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