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IL ROMANISTA Strootman l’olandese volante

Strootman

(V. Meta) Dal Milan degli olandesi all’olandese a Milano, solo che stavolta veste giallorosso. C’è Kevin Strootman fra i protagonisti più attesi della sfida di lunedì sera a San Siro, un po’ perché con Pjanic squalificato i compiti di regia e inserimento passeranno nelle sue mani, un po’ perché in fondo i suoi primi tre mesi e mezzo di Serie A sono una risposta a chi un anno fa aveva provato a portarlo a Milanello: avevate ragione, Kevin vale tutti e venti i milioni che non vi siete potuti permettere di investire. Lo sa bene Adriano Galliani, che ancora in estate qualche sondaggio con il Psv l’aveva fatto, prima che il blitz di Sabatini sbaragliasse la concorrenza e facesse dire a qualche osservatore lungimirante che con quei tre il centrocampo della Roma avrebbe conosciuto pochi rivali in Europa. Strootman ha dato ragione anche a loro: per un paio di mesi i romanisti si sono chiesti da quale pianeta venisse, poi il suo rendimento si è stabilizzato su livelli più umani, salvo tornare a impennarsi quando c’era bisogno di far sentire i muscoli.

L’anno in cui è nato, Marco van Basten segnò 19 gol in 26 partite con il Milan. Per questo il rossonero lo fa pensare all’infanzia, ai primi calci tirati a Riddenkerk senza immaginare che un giorno neanche troppo lontano sarebbe diventato un idolo nella città del Cigno. «Sono cresciuto con il mito di Gullit, van Basten e tutti gli olandesi che hanno giocato in Italia – racconta -. Adesso invece volevo giocare con giocatori di classe mondiale come Francesco Totti e Daniele De Rossi. E ci sono riuscito». Non bastasse la personalità espressa in campo, Strootman ha dimostrato di non temere nessuno anche quando si tratta di dire le cose come stanno:«Magari la Serie A non è allo stesso livello della Premier League oppure della Liga – ammette l’olandese in un’intervista al magazine “Elf Voetbal” -,però c’è comunque una bella differenza rispetto al campionato olandese. In Italia vieni continuamente messo alla prova. In ogni duello si entra al massimo, come se da quell’azione si potesse segnare il gol della vittoria». Inevitabile la domanda sugli obiettivi stagionali.

Per lui, convinto ad accettare la Roma grazie al fitto scambio di telefonate con Rudi Garcia dopo gli Europei Under 21, i traguardi ambiziosi e le sfide complicate sono uno stimolo a trovare sempre nuove risorse (tipo un gol con il destro, quello che solo il palo gli ha negato contro la Fiorentina), però i proclami non gli piacciono e le illusioni ancora di meno, «anche perché ci sono squadre che sono più forti di noi». In questi giorni si è concesso un pomeriggio di shopping in centro con la fidanzata Thara, anche se con l’italiano ha ancora qualche problema. In campo con i compagni riesce a capire e farsi capire, fuori le cose diventano un po’ più difficili: «Non riesco a leggere i giornali perché il mio italiano non è ancora così buono – ammette Kevin -. Nelle interviste dico un paio di frasi standard in inglese e via. È molto diverso dall’Olanda dove ovviamente sapevo esattamente quello che stavano scrivendo». Intanto, però, c’è da dimostrare di aver imparato la lezione di Gullit van Basten. Prendendosi San Siro, naturalmente.

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