Alla fin fine, il Catania è un po’ quello che ci si aspettava: tenerello come i torroncini che fanno da quelle parti.
Ciononostante, un ampio tratto di partita passa tra errori e incertezze, con Gervinho in versione Babbo Natale per la retroguardia etnea e un vantaggio ancora piccolo – ping pong di capocce tra Destro e Benatia nell’area catanese – che non dà la tranquillità che oggi era lecito aspettarsi. La trazione anteriore scelta da Garcia finisce per garantire, nei primi quarantacinque, solo il minimo sindacale di margine; il tutto mentre a Bergamo Moralez risponde temporaneamente a Tevez. La ripresa vede l’apertura del guscio della cozza di De Canio: vari fattori concorrono all’arrotondamento dei numeri, su tutti il flipper che il prode Frison innesca con l’incredulo Rolìn – il Mario Biondi nero – per una carambola che consegna a Destro il pacchetto da scartare sotto l’albero della Sud.
Poco dopo, Benatia ancora di testa come neppure Gerd Müller…Tre puntini di riflessione per garantirvi che è proprio così, se non l’avete vista. Gervinho, nel frattempo, continua ad andare nei corridoi che Totti gli inventa come fosse una biglia su un piano inclinato; manca sempre il proverbiale soldo per fare una lira, pali e precipitazione compresi. Fino al minuto ottanta, quando – dopo ennesimo triangolo con Totti – la colpisce non bene ma utile con l’interno destro, con la collaborazione del sinistro e con un “cucchiaino” da tè che finisce per scavalcare il povero Frison. Olimpico che esulta e sorride, come Garcia che sta preparando l’ingresso di Florenzi per Pjanic: mozione d’affetto per il prode “Gerv”, che getta sempre il cuore e spesso la palla oltre l’ostacolo.
Capitolo Totti: auguriamo a tutti i ventenni di fare sempre quello che lui fa per ottantasette minuti: corre, contrasta, tira, quasi segna ma soprattutto dispensa più assist di quanti regali ci siano nella slitta con le renne. Con lui non è un’altra Roma: è un altro calcio italiano, poveraccio chi non l’ha ancora capito. Buon Natale, sperando di raccontarvi una Befana che, innanzitutto, non somigli a Turone.
Paolo Marcacci