(T.Carmellini) – Telefonini squillano al mattino presto, rassegne stampa «infuocate» volano all’aria davanti ad un buon cappuccino, strascichi di ipotetiche risse (comunque malcelate) impazzano, mentre si indeboliscono incontri mediatici già organizzati ad arte per annunci ufficiali.
Insomma tutti sono tornati a fare al meglio quello che sanno fare (o almeno ci provano), tutti parlano con tutti all’insegna della «nuova» trasparenza che regna nella Seconda Repubblica giallorossa alla quale nulla sfugge e dove c’è «due» di tutto. L’unico che resta in silenzio (mica scemo…) è il capitano. Eppure qualcosa da dire probabilmente lo avrebbe eccome, ma si è allineato al concetto di «normalità» che fa così bene alla Roma. Ma forse in momenti delicati come quelli appena trascorsi e in parte ancora qui, la voce del capitano avrebbe potuto far comodo: se non alla piazza che ha già ampiamente dimostrato da che parte sta, almeno all’interno di un gruppo che non sembra avere ancora in campo un leader riconosciuto.
Forse sarà un limite tutto romano, ma il sapere di avere uno come Totti all’interno di un gruppo era stato in passato uno dei punti di forza di una squadra sembrata quest’anno più volte in balia di se stessa. Lui sta zitto e gioca… o meglio, aspetta di giocare: cosa che molto probabilmente farà lunedì prossimo all’Olimpico contro una Juve lanciatissima. Un silenzio per certi versi assordante, studiato per non «disturbare il conducente». Finora Totti, miglior marcatore giallorosso a paletti, non ha ancora realizzato nemmeno un gol. Complice qualche problema fisico, disguidi dialettici e «ambientali» con il nuovo che avanza. E forse non sarà il caso se lo scorso anno, alla stessa giornata di campionato, il ruolino di marcia di Totti faceva registrare un solo gol: proprio alla Juve. Un segnale da non sottovalutare anche per chi, come Luis Enrique, non crede alla cabala.