(A. AUSTINI) – Un obbligo più che una scelta.Francesco Totti titolare lunedì prossimo in Roma-Juventus: Luis Enrique stavolta deve farlo per forza. Bojan è squalificato, Borini in infermeria, Borriello è ormai ai margini e Pjanic serve come il pane in un centrocampo che rischia di perdere anche De Rossi, chiamato ad arretrare in difesa. E allora non restano che quei tre da schierare davanti: Lamela, Osvaldo e il capitano, appunto, ancora una volta da trequartista.
Lui aspetta e tace. Si allena, sopporta il dolore dietro alla coscia che non vuole sparire e lucida il cucchiaio: ieri lo ha sfoggiato in partitella beffando un Lobont fresco di «tosata» dal barbiere. Ma il messaggio era diretto all’amico Buffon, uno che al cucchiaio ha dovuto inchinarsi quando difendeva la porta del Parma. E l’umore? Così così. Non è un mistero che Totti si aspettasse di partire dall’inizio nella gara di Firenze. Nel momento in cui l’allenatore lo ha convocato, ha pensato: «Se parto con la squadra vuol dire che gioco». Ma lo spagnolo era di un altro avviso: il capitano, a suo dire, non era in grado di cominciare la partita in campo perché il fastidio alla coscia gli aveva impedito di allenarsi al 100% e di forzare nei giorni precedenti la gara dal «Franchi». Totti deve infatti fare i conti con una fastidiosa cicatrice, ricordo dell’ultima lesione muscolare, che non vuole saperne di rimarginarsi e lo disturba quando calcia con potenza. A differenza della trasferta di Udine, aveva dato comunque la sua disponibilità a Luis Enrique, rassicurato dai medici sul fatto che non rischiasse ricadute e consapevole di aver giocato in passato in condizioni decisamente peggiori.
Eppure gli è toccato seguire la partita dalla panchina con un senso di impotenza, poi durante l’intervallo il tecnico gli ha spiegato che a quel punto, sotto di due gol e di un uomo, era inutile rischiare. Un atto di rispetto: almeno questo Totti lo ha apprezzato. La rabbia se l’è tenuta dentro. Così come ha preferito osservare con un certo distacco le situazioni problematiche nate all’interno della squadra negli ultimi tempi. Dalcaso Osvaldo ai mugugni degli altri «esclusi», fino alle evidenti difficoltà di un allenatore non più padrone della situazione a Trigoria. Anche il capitano non capisce alcuni estremismi di «Lucho» ma non può e non vuole schierarsi, per evitare di disubbidire all’ordine della nuova società: «Pensa solo a fare il giocatore». E così è stato fino allo «strano» infortunio di Roma-Atalanta di cui paga ancora le conseguenze.
Da allora ha giocato 23 minuti con il Lecce e nulla più. Lunedì si ricomincia, con un peso sulle spalle enorme. L’ambiente depresso si affida a lui, alla sua voglia di vendere cara la pelle alla rivale sportiva più acerrima dopo la Lazio. Aspettando la firma di De Rossi (appuntamento tra Baldini e l’agente Berti nel weekend , al più tardi, la prossima settimana) i messaggi dei tifosi negli ultimi giorni sono stati piuttosto chiari: tutti con Totti, sempre meno con Luis Enrique. Il primo cerca un gol per aiutare se stesso e l’altro. Sono quasi sei mesi che Francesco non segna: il 22 maggio con la Sampdoria. Ma l’astinenza è una spiacevole ricorrenza: l’anno scorso, a questo punto del campionato, aveva segnato appena un gol. A chi? Alla Juventus, su rigore, nella sfida di andata a Torino. Almeno la cabala è dalla sua parte. Praticamente fatte le scelte in attacco, il resto della formazione è un gran bel rebus.
Neanche ieri Cassetti – problemi ai tendini – si è allenato e a questo punto è a serio rischio per la partita con i bianconeri. Della serie «al peggio non c’è mai fine»: Juan è squalificato, Burdisso e Kjaer sono fermi ai box e l’unico centrale disponibile è Heinze. Ieri Luis Enrique ha provato Rosi al suo fianco. «Ci manca solo questa…» malignano a Trigoria. Più probabile che il terzino romano torni sulla destra, con De Rossi arretrato in mezzo e Taddei a sinistra. Il centrocampo sarebbe tutto da inventare. Senza Gago e Pizarro, sulla carta tocca a Pjanic, Greco e Perrotta. Ma occhio a Viviani: il regista della Primavera piace tantissimo all’allenatore e ieri si è allenato con i «grandi». Con lui i romani in campo sarebbero addirittura cinque. L’orgoglio, almeno quello, non mancherà.