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REPUBBLICA.IT Serie A, gli Oscar del 2013: Totti e Buffon sempre sul trono

Totti Benatia

(A. Vocalelli) – Un anno intenso di calcio, come sarà intenso – anche di più – il prossimo. Già, perchè ci saranno i Mondiali, con l’attenzione e la partecipazione che meritano. Ma anche il 2013 che saluta ha detto tante cose nuove, ha portato alla ribalta nuovi personaggi, ne ha riproposti di collaudati. Proviamo ad assegnare gli Oscar dell’anno che se ne va.

Migliore squadra: Non può che essere la Juventus, per la regolarità pazzesca che ha avuto in campionato. Resta, è vero, la macchia dell’eliminazione in Champions League, con l’assurda partita sotto le neve in Turchia, ma in Italia i bianconeri sono stati strepitosi. E in questi quattro mesi del campionato in corso hanno anche sconfitto la profezia di chi credeva, sosteneva, che i due scudetti avrebbero in qualche modo reso la squadra meno affamata. La Juve è sempre la stessa: la Juve di Conte. E’ così che saluta il vecchio anno.

Miglior allenatore: Tanti hanno fatto bene. Naturalmente Conte, per tutto ciò che abbiamo detto. Ma anche Mazzarri, che ha portato il Napoli al secondo posto e adesso sta facendo benissimo con l’Inter. Ma il titolo di allenatore dell’anno 2013 va a Vincenzo Montella, per essersi riuscito a ripetere dopo lo splendido campionato scorso. La Fiorentina ha continuato ad essere una squadra capace di abbinare risultati e gioco, binomio spesso difficile da accordare. Montella ci è riuscito, anche se ha dovuto fare a meno dell’attaccante. Mario Gomez, su cui era stata impostata gran parte della campagna acquisti. A prendere il suo posto, però, è stato uno strepitoso Giuseppe Rossi.

Miglior portiere: C’è chi ha fatto benissimo nello scorso campionato, come Handanovic e Marchetti, chi si sta rifacendo con gli interessi in questo, come Morgan De Sanctis. Ma nel complesso come si può non premiare ancora una volta Gigi Buffon? E’ vero, anche lui ha commesso qualche errore, sempre prontamente riconosciuto, però si è confermato portiere affidabilissimo, in alcune occasioni ancora capace di andare al di là dell’immaginabile. Insomma, è sempre Buffon

Miglior difensore: Meriterebbe una citazione il romanista Benatia, che anche con l’Udinese aveva fatto molto bene e adesso sta rappresentando il cardine della retroguardia giallorossa. Però nel complesso è ancora sempre un pizzico più in alto Barzagli, l’autentico punto di forza della difesa juventina. Perché se Chiellini assicura anche la fisicità in attacco, se Bonucci è bravo nell’impostazione, dal punto di vista prettamente difensivo è Barzagli l’autentica garanzia, frutto di tempismo e forza fuori dal comune.

Miglior centrocampista: Un applauso convinto a Vidal, Pogba e Pirlo. Un applauso ad alcuni uomini mercato come Nainggolan. Ma come si può non dare un riconoscimento a Borja Valero, che è fenomenale nel cucire, dettare i tempi, rappresentare l’autentico allenatore in campo della Fiorentina? Un tuttocampista più che un centrocampista, bravissimo nelle due fasi e abile anche nelle conclusioni. Un giocatore che ogni allenatore vorrebbe avere alle sue dipendenze.

Miglior attaccante esterno: i nomi sono tanti, da Callejon a Cuadrado e Gervinho. Ma nell’arco dei dodici mesi il più bravo è stato Cerci, che interpreta il ruolo con una caratteristica assolutamente originale. Non è l’esterno che cerca e a volte forza il dribbling. Ma è l’esterno che vince per distacco i duelli in velocità. A Cerci basta buttarsi il pallone avanti, per poi andarlo a raccogliere con uno scatto imperioso. Bravo lui e bravo anche il suo allenatore Ventura, un altro di cui si parla poco e che ha meriti speciali

Miglior attaccante centrale: La concorrenza è agguerrita e folta, ma il numero uno era e resta Francesco Totti, per la sua capacità di far sentire tutti più forti, più bravi, per quel radar che gli permette di fare sempre la giocata più difficile con una semplicità disarmante. E’ ancora lui l’attaccante per definizione e solo pensare di non portarlo al Mondiale sembra un controsenso. Questo ragazzino di 37 anni ama il calcio come agli inizi della carriera ed ha tutto per rappresentare la vera, grande, variante per l’Italia di Prandelli in Brasile.

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