(A. Austini) Se non è finito, poco ci manca. Il campionato si avvia verso il terzo trionfo consecutivo della Juve che in una sera vince il titolo d’inverno e mezzo scudetto. La Roma riesce ad essere grande, addirittura superiore, per mezzora ma poi diventa piccolissima e chiude la partita in nove, con tre gol sul groppone. Quelli che non aveva mai preso in una gara.
Imbattibilità interrotta alla diciottesima giornata di campionato, addio miglior difesa d’Europa, addio lotta scudetto. Il verdetto dello «Stadium» è impietoso, uguale agli anni precedenti anche se con modalità diverse.
La Roma si è presentata nella nuova casa biaconera con uno score da brividi: 11 gol a 1 il bottino in favore della Juventus nelle tre precedenti sfide tra campionato e coppa, le prime due con Luis Enrique e l’ultima con Zeman, quando si è iniziato a capire che la minestra riscaldata del boemo avrebbe avuto un cattivo sapore.
Tre i «superstiti» di quella notte da incubo in campo ieri notte: Pjanic, De Rossi e Totti, mentre la Juve ha solo l’attacco nuovo e gioca con la stessa base vincente da tre anni. Conte ha ben poco da inventarsi, Garcia deve ancora rifinire la sua creatura: il tridentone pesante con Totti insieme a Destro e Gervinho è rimasta una tentazione, Ljajic la scelta per presentare una Roma comunque d’attacco, dove ognuno può esprimersi nel suo ruolo, senza pensare troppo. Ma nello spartito giallorosso, Strootman a parte, sono mancati gli uomini di personalità: De Rossi troppo schiacciato e fuori di testa nel finale, Totti senza riparo nel bel mezzo della trincea guidata da Chiellini, Castan distratto come non è mai stato finora.
Pronti, via e si capisce che stavolta sarà una partita quantomeno combattuta. Ti aspetti la solita partenza a razzo della Juve, invece accade l’esatto contrario. La squadra di Garcia detta i ritmi, prende subito campo, mentre Conte decide di aspettare e chiede ai suoi di controllare soprattutto Gervinho. La mossa specifica funziona, ma la Roma non è solo la velocità dell’ivoriano. Dall’altra parte De Rossi deve badare a Tevez più che a Pirlo, su cui si alternano gli altri centrocampisti e gli attaccanti in ripiego. Compreso Totti.
La prima grande chance non può che essere della Roma, anche se in contropiede: Totti può darla a Ljajic o Gervinho e sceglie il primo, ma Buffon gli chiude lo specchio in uscita. Un primo segnale nefasto.
Quando sembra filare tutto liscio per i giallorossi, poi ecco l’imprevisto. Pjanic sente una fitta al ginocchio, la partita si interrompe, la Roma perde il ritmo ed è come se la Juve entrasse in campo in quel momento. Avanza, conquista una «touche», prende palla Tevez in area, attrae la difesa romanista che si dimentica di Vidal: tiro sul primo pallo e bianconeri in vantaggio senza che nessuno si sia ancora sporcato la maglia.
La reazione giallorossa c’è. Con Pjanic, Maicon, ma manca sempre la forza al momento decisivo per buttarla dentro. Il famoso «killer instinct», o se preferite cattiveria, quello di Vidal per intenderci.
La Juve prende poco a poco coraggio, la partita si innervosisce e diventa più consona al canovaccio di Conte. Chiellini cerca di far fuori definitivamente Pjanic e se la cava col «giallo», idem Tevez e Gervinho per proteste. Se s’arrabbia pure l’ivoriano vuol dire che è proprio una notte particolare.Rizzoli potrebbe indirizzarla in modo netto dalla parte juventina ma non se la sente di dare rigore sul tocco di gomito di Dodò su cross di Lichtsteiner. Per come è finito il primo tempo, con un paio di assalti bianconeri pericolosissimi, a Garcia va bene rientrare negli spogliatoi sotto di un solo gol. Nel complesso no perché la Roma se l’è giocata davvero alla grande per oltre mezzora.
A inizio ripresa il colpo letale della Juve: sulla pennellata di Pirlo è imperdonabile la dormita della difesa (Castan su tutti) che lascia a Bonucci il più facile dei gol.
A quel punto Garcia rischia tutto, altro non può fare. Via al 4-2-3-1, dentro Destro per Pjanic e contemporaneo avvicendamento a sinistra Dodò-Torosidis. Totti diventa così trequartista dopo un’oretta vissuta in gabbia da centravanti. Ma la Roma, ormai, non ci crede più.
Conte perde Tevez e punta sulla voglia di riscatto di Vucinic. La partita scorre via senza sussulti, poi finisce in modo triste per la Roma: Totti esce sconsolato per far posto a Florenzi, tra gli insulti dello «Stadium» che ribolle d’odio. De Rossi decide di raggiungerlo sotto la doccia con un fallo bruttissimo su Chiellini, probabilmente la vendetta per l’amico Pjanic. Poi Castan si sostituisce a De Sanctis e para sulla linea. Altro rosso, rigore e altro gol, proprio di Vucinic che esulta eccome. E aggiunge amarezza alla serata romanista iniziata in tutt’altro modo.
Score aggiornato allo «Stadium»: Juve 14-Roma 1 in quattro partite, qualcosa vorrà dire. Meglio guardarsi alle spalle ora. La Fiorentina si è rifatta sotto a -5, il Napoli oggi può salire a -2. Il bonus iniziale delle 10 vittorie è quasi esaurito, soprattutto perché da Udine in poi (27 ottobre) la Roma non vince più in trasferta.