(F. Ceniti) Siamo sicuri che per diventare calciatori professionisti basti saperci fare con il pallone? La domanda può sembrare inutile, ma non lo è a giudicare da quello che accade ogni settimana in campo: conoscere le regole del proprio sport è fondamentale. Abbiamo il dubbio, quasi la certezza, che i nostri campioni siano da questo punto di vista un po’ ignoranti. E siccome questa lacuna spesso porta guai (proteste, ammonizioni, espulsioni e, con il fuorigioco, gol subiti), forse istituire un esame per dare una patente a chi scende in campo potrebbe non essere una boutade. Non si arrabbino Del Grosso, Yepes e gli altri compagni dell’Atalanta se prendiamo loro come esempio: ciò che s’è visto mercoledì al San Paolo è incredibile e non certo per il gol segnato da Insigne. No, è davvero strano che giocatori professionisti non sappiano nulla di una regola fondamentale come il fuorigioco. Eppure a inizio stagione c’è stato un incontro tra il designatore Braschi e i capitani di A, più gli allenatori proprio per spiegare le nuove direttive della Fifa. Incontro poco partecipato e i risultati si vedono (il prossimo è lunedì 27)…
«Wait and see» Il problema è più profondo, perché la rete (regolarissima) del Napoli c’entra in modo marginale con quello che è accaduto. Il gol sarebbe stato valido anche nella passata stagione. Spieghiamo perché. Gli assistenti già da un paio di stagioni devono rifarsi a una direttiva sul fuorigioco: il «wait and see». Vale a dire: aspetta e guarda. Che cosa?Negli anni Novanta per valutare un offside il guardalinee andava con il pilota automatico: appena un attaccante toccava il pallone facendo partire il passaggio, si poteva alzare la bandierina se c’era un giocatore al di là dei difensori. In qualunque posto si trovasse, anche se stava prendendo un caffè dalla parte opposta allo svolgimento dell’azione. Di questo fuorigioco il Milan di Sacchi ne fece un implacabile strumento per affossare le velleità altrui. Il simbolo era Franco Baresi, sempre con il braccio alzato per «invocare» il fischio dell’arbitro (puntuale). Ecco, Del Grosso si è comportato come il mitico numero 6 rossonero. Solo che siamo nel 2014 e il calcio è cambiato. Soprattutto il fuorigioco. Dicevamo «aspetta e guarda». Vuol dire che un assistente, oggi, quando parte il passaggio non alza mai la bandierina se scorge una posizione irregolare. Aspetta per vedere se quel pallone giunga nei pressi del giocatore in offside. Ma non basta. Anche se arrivasse a destinazione deve valutare in rapida sequenza se quell’attaccante (nel caso di mercoledì era Higuain) mostra l’intenzione di giocarlo, perché se si disinteressa, si ferma e non fa nulla per intervenire, può non essere punibile.
«Giocata volontaria» Non è ancora finita: il nostro bravo assistente (meriterebbero sempre un plauso per quello che fanno: sbagliare una o due chiamate a partita, come accade di solito in A, equivale a un poker di reti) deve anche capire se il giocatore in fuorigioco non disturba l’avversario con la sua presenza, magari soltanto con il movimento. In questa situazione rientrano le ultime direttive, che hanno chiarito come la «giocata volontaria» da parte di un difensore possa rimettere in pista l’attaccante, che diventa autorizzato a intervenire sulla palla. Il designatore Fifa, Massimo Busacca, ha spiegato alla Gazzetta che non esiste (ripetiamo: non esiste) il metro e mezzo per valutare l’interferenza. Quello che conta è cercare di contendere la palla attraverso un movimento o anche con la semplice presenza, se è il portiere che può essere disturbato. Questo significa che anche a due o tre metri di distanza l’assistente può valutare un danno evidente subito dal difensore e alzare la bandierina, così come può accadere che non segnali il fuorigioco anche se c’è solo un metro tra i due calciatori, perché non rileva questa intenzione evidente di contrastare la giocata. Ricapitolando: Del Grosso, invece di fare il nuovo Baresi, alzando il braccio e girandosi in modo ingenuo, aveva la possibilità di rinviare il pallone (e si prendeva un rischio: se sbagliava rimetteva in gioco Higuain). Oppure lo poteva lasciare sfilare. A quel punto, se l’attaccante argentino avesse provato a intervenire anche con il solo movimento, Barbirati avrebbe segnalato il fuorigioco. Altrimenti, se si fosse disinteressato, la bandierina sarebbe rimasta giù. Bastava conoscere la regola per evitare quel gol e le successive proteste che hanno portato il rosso a Yepes (che pure è capitano e con una certa esperienza).
Gialli da record A proposito di proteste: il girone di andata si è concluso con il record di cartellini gialli, 970. Più del 30% frutto di proteste inutili che poi portano a squalifiche. Lamentele spesso dovute alla mancanza di conoscenza delle regole (un esempio: calciatori e tecnici che chiedono il rosso per fallo da ultimo uomo quando non esiste più da anni). Rilanciamo una proposta fatta qualche giorno fa dopo il caso Rinaudo e il fallo su Rossi: perché i club non iniziano a multare in modo pesante i giocatori dopo ogni cartellino preso per proteste? I soldi potrebbero finire al settore giovanile della Figc. Senza arrivare a istituire la patente per diventare calciatori, forse è il caso di fare qualche ripetizione.